Il controllo di Cosa nostra nel settore del gioco e delle scommesse. Nell’operazione “All in” la guardia di finanza di Palermo – su delega della Procura-Direzione distrettuale antimafia, coordinata dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca – ha sequestrato un patrimonio di circa 5 milioni di euro a 4 persone, a vario titolo indagate per la partecipazione e il concorso esterno in Cosa nostra e trasferimento fraudolento di valori aggravato dalla finalità di aver favorito le articolazioni mafiose cittadine. Destinatari del provvedimento sono Francesco Paolo Maniscalco, 58 anni; Salvatore Rubino, 50 anni; Vincenzo Fiore, 43 anni; Christian Tortora, 45 anni.
Sequestrati 3 immobili, tra i quali una villa di particolare pregio a Favignana; imprese e quote di capitale di 10 società, con sede nelle province di Roma, Salerno e Palermo, tra le quali un noto ristorante nel capoluogo siciliano; autoveicoli e motocicli. I sequestri odierni costituiscono il completamento dell’operazione “All in” con la quale gli specialisti antimafia del Gico hanno accertato “gravi elementi” circa l’infiltrazione di Cosa nostra nel settore della gestione dei giochi e delle scommesse sportive. Smantellando due distinte associazioni a delinquere, parallele ma entrambe facenti capo a Salvatore Rubino, che gestivano la raccolta illegale delle scommesse, attraverso l’utilizzo delle “piattaforme .com”, fuori dalla concessione statale, ed erano in grado di generare volumi di giocate di almeno 2,5 milioni al mese.
Dalle indagini è emersa la presenza di un’organizzazione criminale che “grazie all’abilità imprenditoriale di alcuni indagati e ai benefici derivanti da accordi di reciproco vantaggio costituiti, negli anni, con i principali mandamenti mafiosi palermitani”, aveva acquisito “la disponibilità di un numero sempre maggiore di licenze e concessioni per l’esercizio della raccolta delle scommesse”, fino alla creazione di un ‘impero economicò costituito da imprese – giunte nel tempo a gestire volumi di gioco per circa 100 milioni di euro – formalmente intestate a prestanome compiacenti ma, di fatto, facenti capo alle figure di Maniscalco e Rubino.
Maniscalco è ritenuto “soggetto di risalente ed indiscusso lignaggio mafioso, già condannato per la sua organicità alla famiglia di Palermo Centro”; Rubino invece “ha messo a disposizione dei clan la propria abilità imprenditoriale al fine di riciclare denaro di origine illecita e, al contempo, di esercitare un concreto potere di gestione e imposizione sulla rete di raccolta delle scommesse”. Nel corso dell’indagine, nel giugno 2020, il gip aveva disposto misure cautelari nei confronti di 10 persone (tra cui Maniscalco, Rubino, Fiore e Tortora) e il sequestro di 8 “imprese mafiose” che avevano nel tempo acquisito-detenuto le concessioni statali rilasciate dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli per la raccolta di giochi e scommesse.
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