Nuovo “colpo” alla Mirto, la società di San Cipirello che gestisce servizi di raccolta rifiuti e igiene urbana. Dopo il ricorso presentato dalla ditta contro l’interdittiva antimafia, arriva una importante sentenza firmata dal consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana (presidente Claudio Contessa, consiglieri Silvia La Guardia, Marco Buricelli, Giuseppe Verde e Antonino Caleca). In pratica il Cga sostiene quanto detto dalla Prefettura di Palermo e cioè che l’interdittiva antimafia data alla ditta era lecita.
A difendere la società di San Cipirello, gli avvocati Giovanni e Giuseppe Immordino. Dopo lo scioglimento del comune di San Cipirello per infiltrazioni mafiose, anche la ditta era stata raggiunta da interdittiva antimafia che le impediva di lavorare con gli enti pubblici. E per questo era stata esclusa dal servizio di raccolta rifiuti anche a Monreale. Al suo posto era subentrata la ditta di Marsala, in provincia di Trapani, New System, tuttora al lavoro. Secondo il Cga la scelta della Prefettura di “affibbiare” alla Mirto l’interdittiva era del tutto plausibile, visto “che non si è (più) limitata a fare riferimento alla sola figura di -OMISSIS-, ma ha motivato anche con riferimento ai plurimi profili di cointeressenza fra la società appellata e la -OMISSIS- (raggiunta anch’essa da provvedimento interdittivo ed il cui intero capitale sociale è stato sottoposto a sequestro) – si legge nella sentenza – ed alla situazione di sostanziale “cartello duopolistico” che le due società in questione risulterebbero aver realizzato nel -OMISSIS- (i cui organi sono stati sciolti anche per le vicende relative alla gestione del ciclo dei rifiuti).
Inoltre “le circostanze evidenziate con il provvedimento che ha portato allo scioglimento del Comune inducono, pur nella incompletezza della cognizione sommaria che caratterizza la presente fase cautelare, ad escludere il carattere del tutto episodico dei contatti tra i due operatori economici”. Per questo “appare rilevante la specificazione che Il sig. -OMISSIS- non è stato, formalmente e sostanzialmente, riconosciuto vittima di mafia, ma ha solo avuto accesso al Fondo di rotazione per avere ottenuto dall’Autorità Giudiziaria una pronuncia di natura risarcitoria prevista a seguito di costituzione di parte civile nei processi nei confronti di soggetti imputati di reati di mafia”. “Il “periculum in mora” – conclude la sentenza – è rappresentato dalla necessità di garantire, con immediatezza, la correttezza e la libertà del mercato dei pubblici appalti”.