Un primario, due infermieri e un informatore sanitario sono finiti in manette a Palermo, in un’operazine dei carabinieri del Nas. Sono tutti accusati di aver gonfiato i numeri delle protesi utilizzate negli interventi di chirurgia cranica e della colonna vertebrale, truffando così il servizio sanitario regionale.
A finire nei guai sono Natale Francaviglia, direttore dell’unità complessa di neurochirurgia dell’ospedale Civico, due infermieri dello stesso ospedale Santo Montemurro e Michele Bruno e l’agente di commercio della società Servizi Medicali srl Francesco Tarallo. Su delega della procura della Repubblica di Palermo, sono stati i carabinieri del Nucleo anti-sofistiazioni di Palermo a dare esecuzione all’ordinanza di sottoposizione alla misura cautelare degli arresti domiciliari, emessa dal gip del tribunale di Palermo Maria Cristina Sala, nei confronti dei tre dipendenti dell’ospedale palermitano e, dell’agente di commercio di protesi sanitarie. Tutti dovranno rispondere a vario titolo, di concorso in reato continuato di truffa aggravata ai danni di ente pubblico, falsità ideologica aggravata, abuso d’ufficio.
Le indagini, coordinate dalla procura della Repubblica di Palermo e condotte dal Nas del capoluogo, con servizi di osservazione e pedinamento, ispezioni ed anche attraverso intercettazione, hanno permesso di scoprire un’articolata organizzazione finalizzata a perpetrare truffe ai danni del servizio sanitario regionale, mediante la falsificazione di documenti e registri di carico e scarico del materiale protesico utilizzato negli interventi di chirurgia cranica e della colonna vertebrale, in particolare dichiarando l’uso di dispositivi medici in numero notevolmente superiore rispetto a quello realmente impiantato sui pazienti nel corso degli interventi chirurgici.
Inoltre, in tale contesto, Francaviglia, con la collaborazione di altri medici ed infermieri della sua unità operativa, faceva bypassare ai propri pazienti privati, paganti, le liste d’attesa per gli interventi chirurgici, facendoli figurare come se avessero seguito le normali procedure istituzionali di ricovero. Con la medesima ordinanza il gip ha anche disposto il sequestro preventivo, per equivalente, della somma complesiva di 43.724 euro, quale profitto di reato, da eseguirsi, oltre che nei confronti degli arrestati, anche nei confronti di altri due soggetti non colpiti da provvedimento restrittivo, rispettivamente un infermiere dello stesso ospedale e l’amministratore della società fornitrice dei dispositivi medici. In totale nell’inchiesta dei carabinieri, sono quindici le persone indagate, tra medici e infermieri.
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