L’Arcivescovo di Monreale monsignor Michele Pennisi scrive ai fedeli. In vista del Natale dice: “Festeggiamo senza dimenticare Gesù”. Ecco il testo integrale del messaggio.
In molte comunità cristiane in preparazione al Natale si va diffondendo l’uso della “corona dell’ Avvento” come segno dell’attesa del ritorno di Cristo: mentre i rami verdi richiamano la speranza e la vita che non finisce, i ceri che si accendono, uno per ogni domenica, esprimono la luce che si fa sempre più intensa fino alla venuta della “Luce vera, quella che illumina ogni uomo” (Gv 1,9).
Nella tensione drammatica fra l’illimitata aspirazione del desiderio dell’uomo e la limitatezza della sua condizione creaturale, l’uomo si sente chiamato ad una speranza il cui compimento supera il suo potere e si apre alla dimensione dell’eternità. La speranza, che si inserisce nel rapporto fra tempo ed eternità, è una certezza ragionevole di un bene futuro attraverso un cammino faticoso verso una meta sicura. Ognuno di noi non attende un futuro incerto che riempie di inquietudine, ma attende l’Avvento di Cristo che realizza le promesse profetiche e riempie di speranza, virtù che sostiene tutto il cammino della storia fino al suo compimento.
Tutti abbiamo bisogno della speranza che viene a noi dal mistero del Natale di Gesù Cristo. Ne ha bisogno il mondo ancora così duramente segnato dal male. Ne hanno bisogno i paesi minacciati dalla guerra, i milioni di poveri che continuano a morire di fame, gli immigrati che approdano sulle nostre coste, le grandi nazioni dell’Europa che sembrano aver dimenticato la pietà e l’amore, avendo reciso le radici cristiane. Ne ha bisogno la nostra bella e martoriata Isola dove la crisi economica mette in difficoltà tante famiglie, dove la mafia continua la sua presenza nefasta con le piaghe cancrenose dell’usura, del pizzo e dello spaccio della droga, dove tanti giovani sono costretti a emigrare in cerca di un futuro migliore.
La speranza cristiana impedisce di guardare alla storia in maniera fatalistica, e aiuta a vivere il nostro impegno nel mondo con coraggio e con fiducia. Noi cristiani guardiamo al futuro senza timore, perché le radici della nostra speranza affondano nel cuore stesso di Dio. La nostra non è solo attesa, ma anche memoria di Uno che è già venuto nel mistero del Natale che celebriamo. È certezza della presenza di Cristo che cammina con noi, al nostro fianco. L’avvenimento dell’Incarnazione del Figlio di Dio è già in moto e nessuno potrà arrestare questo cammino.
La speranza, come attesa coraggiosa di un pieno compimento del desiderio profondo di ogni uomo alla felicità in forza della promessa divina, si distingue dall’ottimismo, che è un atteggiamento acritico, una convinzione infondata che alla fine tutto andrà bene. “Annullando la tragicità del male, l’ottimismo – sostiene Jean Danielou – è il nemico peggiore della speranza. Mantenendo gli uomini nella illusione di potersi liberare da sé, esso li distoglie in realtà dall’unica via della salvezza”. Il dinamismo della speranza umana, abbandonato a sé stesso, sfocia in varie forme di utopie e di ideologie, generando, a seconda dei casi, presunzione o disperazione, tristezza e distrazione, fatalismo o accanimento nel perseguire il proprio progetto.
Dio, che si è inserito personalmente della drammatica situazione dell’umanità attraverso Gesù Cristo, ci rivela l’ampiezza insospettata del destino umano. L’impegno storico della testimonianza dei cristiani nel presente trova il suo fondamento nel fatto che Dio in Gesù Cristo si è fatto uomo. Non possiamo renderci di fatto complici della rimozione sistematica delle radici e dei segni del cristianesimo nella nostra società secolarizzata, ricca di tutto, ma spaventosamente povera di Dio che, anche se addobba con luci multicolori case e città, rimane estremamente povera di Cristo, luce interiore. Papa Francesco ha detto: “Se togliamo Gesù, che cosa rimane del Natale? Una festa vuota. Gesù è il centro del Natale”. Festeggiamo il Natale, ma non dimenticando il vero festeggiato, Gesù, il solo che può donare la gioia e può far ardere il cuore (cfr Lc 24,32).
Natale non è la festa della luce o dell’amicizia, o dell’inverno o semplicemente dei regali. Non possiamo accettare che in alcune scuole in nome di un mal interpretato rispetto delle minoranze, alcuni “bigotti del laicismo” vogliono imporre di non parlare di Gesù Bambino e vietare l’allestimento del presepe. Perché questo Natale non passi invano per ciascuno di noi dobbiamo fare nostra la domanda di un mistico polacco: “Anche se Gesù fosse nato mille volte a Betlemme, che utilità ne avrei se non fosse nato in me?”.
Con l’augurio che la celebrazione del Natale del Redentore riempia di gioia e di luce il cuore di ognuno, su di voi e sulle vostre famiglie imploro le più copiose grazie e benedizioni.
+ Michele Pennisi, Arcivescovo di Monreale