Ieri sera, improvvisamente la mia memoria mi ha portato indietro al 1989 quando ancora ragazzino adolescente (intento a realizzare dei rilievi grafici) scoprii un omino in tuta che smanettava con le chiavi inglesi ed entrava ed usciva dalle porticine sotto le canne dell’organo del Duomo. Quell’omino seppi più tardi chi fosse, quando mi disse che non era un semplice accordatore, ma Arturo, come umilmente si presentò, un maestro organista che avrebbe addirittura chiesto quella sera il mio aiuto per sfogliare le partiture del concerto serale.
Ieri sera, presenti il nostro Arcivescovo Michele Pennisi, il maestro Marco Intravaia e Monsignor Giuseppe Liberto emerito direttore del coro del Vaticano, si è tenuta una festa per ricordare e apprezzare il 50° anniversario del monumentale organo presente all’interno della Cattedrale. Proprio Arturo Sacchetti ha voluto inviare un messaggio per celebrare l’evento. Il Maestro Intravaia ci fa notare che ci furono tempi in cui la Settimana di Musica Sacra era imperniata proprio sulla presenza di questo pregevole e singolare organo fattosi soprattutto voce dei sentimenti e delle trascendenze di tutti a servizio dell’assemblea di Dio principalmente e al tempo strumento di cultura. Don Giuseppe Liberto apre il suo intervento rifacendosi al salmo 150 definita “festosa dossologia musicante, in cui la lode parte dal santuario risuona nei cieli e culmina nel respiro del dio vivente”.
Ci trasporta direttamente nel cuore del tempio, e ci fa celebrare con gli uomini e le donne di Israele il culto che rendevano al Signore, un culto contrassegnato dalla musica, perché Dio va lodato con la musica e con nulla di meno.
La liturgia è il luogo del logos, del Verbo e conduce al silenzio dello stupore e alla gioia dell’arte nella bellezza liturgica. L’organo nella liturgia secondo il Concilio Vaticano II non è tappabuchi della consacrazione – spiega Liberto – il tema all’interno del suo cuore è il divenire strumento cultuale e culturale, il servizio al culto giustifica la presenza stessa dello strumento: Arte a servizio della Preghiera, l’edificio chiesa non è sala di concerto e lo strumento a suo modo aiuta a realizzare i fini primari della liturgia: Gloria di Dio e santificazione dell’uomo.
Le parole hanno poi lasciato spazio al protagonista della serata cioè all’organo monumentale suonato doviziosamente dal maestro Massimo Gabba, attraversando un repertorio temporalmente molto ampio che ha permesso di fare esprimere una tavolozza sonora molto ampia che difficilmente si ritrova in altri strumenti. Una cornucopia sonora in cui convivono pregevoli ance soliste insieme ai suoni più dettagliati e perfetti privilegiati alla potenza stessa. Abbiamo molto apprezzato l’esecuzione precisa, ben dosata e senza forzature stilistiche. Abbiamo percepito una maggiore padronanza dei brani di Widor, Bossi e Vierne proposti con sicurezza e scioltezza. Ci si è svelato un interprete consapevole, che è padrone della tecnica come dell’espressione e dinanzi ad un simile strumento ha affrontato un programma realmente complesso.