Donald Trump è il nuovo presidente degli Americani

Redazione

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Donald Trump è il nuovo presidente degli Americani
Il tycoon diventa il 45esimo inquilino della Casa Bianca. I mercati reagiscono malissimo e il dollaro precipita. Ma lui dice: "Sarò il presidente di tutti"

09 Novembre 2016 - 09:58

Donald Trump è il 45esimo presidente degli Stati Uniti. Dopo Barack Obama, sarà lui il nuovo inquilino della Casa Bianca. “Per repubblicani e democratici è arrivato il tempo dell’unione. Dobbiamo collaborare, lavorare insieme e riunire la nostra grande nazione. Ho appena ricevuto le congratulazioni di Hillary Clinton e io mi congratulo con lei. La nostra non è stata una campagna elettorale, ma un grande movimento”, ha detto Trump nel suo primo discorso dopo i risultati. Emozionato, è salito sul palco con la famiglia al completo, Melania, la nuova First Lady vestita di bianco, e tutti i figli. “Prometto che sarò il presidente di tutti gli americani”.

Alla mezzanotte italiana (le 6 sulla costa Est) si sono chiusi i primi seggi in Kentucky e in Indiana, entrambi considerati “safè” (sicuri) per i repubblicani e dove Trump ha vinto senza sorprese per poi aggiudicarsi subito anche il West Virginia e dare il via al conto alla rovescia. Lo staff di Trump, all’inizio scoraggiato – “Ci vorrebbe un miracolo” aveva detto un suo consigliere di alto livello – in breve ha cambiato tono, Trump ha ripreso terreno e non ha più frenato. Le foto su Twitter del quartier generale sono diventate di festa. Hillary Clinton ha vinto Vermont, Delaware, Illinois, Maryland, Massachusetts, New Jersey, Rhode Island, District of Columbia, New Mexico, ma fino allo Stato di New York, ha raccolto briciole. Con le ore che passavano anche i sostenitori diventavano cauti. “Comunque vada l’America resta una grande nazione. Domani mattina sorgerà lo stesso il sole “ha detto Barack Obama. La stessa Hillary ha twittato in anticipo un “qualsiasi cosa accada, grazie lo stesso”.

Poi ha raccolto i consensi della Virginia, California, Oregon, Hawaii e Colorado. Ma non è bastato e Nevada o Maine non hanno fatto differenza. Poi Trump è diventato un’onda rossa. Di seguito si è aggiudicato Oklahoma, Mississippi e Tennessee, Alabama e South Carolina. Poco dopo Arkansas, Nebraska, South e North Dakota, Wyoming e Texas. Il New York Times per la prima volta, a metà notte, ha cambiato le proiezioni dandolo per vincente al 58 per cento. I bookmakers hanno voltato le spalle a Hillary togliendole la coroncina di cartone che la vedeva come la scommessa più sicura. Le borse sono crollate, l’oro ha acquistato valore, Londra, Tokyo e Hong Kong sono affondate nel nuovo sogno americano.

E Trump ha continuato ad aggiudicarsi Stati. Montana e Missouri, Idaho, Utah fino a prendere l’Ohio, la chiave che ogni presidente americano ha sempre tenuto in mano prima di aprire la porta della Casa Bianca. Di chiavi ha preso l’intero mazzo, con Florida e North Carolina, ed è volato via. Al suo quartier generale, quando in Italia non era ancora l’alba, hanno cominciato a prepararsi per la festa. A raccogliere le loro cose insieme ai voti di – Utah, Georgia, Iowa, Pennsylvania, Alaska – per andare all’Hilton Midtown, dove per il ‘Victory party’, nella ballroom lo aspettavano in oltre mille invitati.

In bilico sono restati Michigan, New Hampshire e Wisconsin, ma il tycoon è sempre stato avanti nella corsa per la Casa Bianca fino ad aggiudicarsi i 279 grandi elettori (i delegati che formalmente eleggeranno il 19 dicembre il presidente Usa), nove in più dei necessari a conquistare la presidenze, lasciando Hillary a contare i suoi 218. Trump ha trionfato nelle aree del Paese a forte presenza di elettori bianchi, facendo molto meglio di Mitt Romney sconfitto quattro anni fa da Barack Obama. Mentre Hillary Clinton non è riuscita ad attirare i voti delle minoranze che furono la chiave dei successi del presidente uscente, ha analizzato a caldo il Washington Post.

Il nuovo presidente americano ha festeggiato a New York. Per la prima volta in oltre 70 anni, la metropoli americana ha ospitato per l’Election Day sia il candidato repubblicano che quello democratico, vicini di casa. Ma che dopo una battaglia durata quasi due anni, non sono mai stati più lontani.

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