“Da bambina invidiavo i miei compagni di scuola che avevano dei papà con un mestiere ‘semplicè da descrivere, ad esempio il papà della mia compagna di banco faceva il macellaio. Quando toccò a me parlarne, dissi che il mio papà faceva diventare di più i soldi che uno risparmia. Allora un compagno di classe disse: ‘fa il mago!’…grazie al cielo non mi chiesero come faceva a farli diventare di più, perchè sarei stata incapace di spiegarlo”, ha raccontato.
“Ho voluto scrivere questo libro perchè mi sono resa conto che quegli insegnamenti che Ennio Doris ha lasciato nella nostra famiglia e nella famiglia Mediolanum continuavano a essere generativi: come figlia, ho assorbito i modi di interpretare la vita e di affrontare ciò che accade. In questi due anni dopo la sua scomparsa, quando avevo qualcosa da risolvere, mi chiedevo ‘come farebbe Ennio Doris?’ e la risposta mi arrivava. Siccome questo succedeva anche in azienda, mi sono detta che la grande eredità valoriale che ci ha lasciato non poteva rimanere confinata tra le mura domestiche di casa nostra o di casa Mediolanum”.
Il libro, infatti, “è un romanzo familiare: l’amore è il nucleo centrale”. Non racconta solo di business, ma ripercorre “la sua vita e i valori della famiglia che ti indicano la rotta e ti fanno mantenere la nave nella direzione della meta che hai stabilito”, ha spiegato Doris.
L’idea dell’uomo ‘al centrò è qualcosa che Ennio Doris ha capito nel tempo. “Non voleva avere successo perchè era bravo a vendere, non si è chiesto ‘cosa posso fare per guadagnare di più’ ma ‘cosa posso fare per essere utilè. Da lì è nata un’avventura molto più grande di quello che lui si era prospettato”, che ha dato vita a Banca Mediolanum, la banca “costruita intorno a te”. Un modo di pensare che Ennio Doris mise in pratica nel crack del 2008 di Lehman Brothers, rimborsando i correntisti. “Papà decise di dimostrare che eravamo veramente diversi, perchè quando le cose non vanno bene, tu puoi fare la differenza”. Oggi questo progetto è affidato ai figli, oltre alla ‘testimonial’, mamma Lina.
“A maggio c’è stata la prima convention senza papà: nel 2019 c’era stata l’ultima, a causa della pandemia, e avevamo un grande desiderio di stare tutti insieme. La convention è stata aperta da mia mamma, perchè ci siamo resi conto che questa è proprio una famiglia: papà chiamava le persone che lavoravano in Mediolanum ‘i miei ragazzì e noi abbiamo sempre sentito Mediolanum come il terzo fratello. Io e Massimo avevamo 12 e 15 anni quando nel 1982 è nata Programma Italia, la società di intermediazione mobiliare: da quella prima convention, abbiamo partecipato sempre a tutte. All’ultima convention, la sua eredità si è sentita molto: mamma è salita sul palco tra gli applausi, sembrava una rockstar. In lei vedevano un pezzo di mio padre, perchè è sempre stata molto coinvolta in Mediolanum. Io e Massimo percepiamo molto questo passaggio del testimone: mi piace l’immagine della staffetta dove c’è qualcuno che ha corso prima di te e che ti sta consegnando una cosa, facendo il massimo dello sforzo. Tu prendi il testimone, questa persona si ferma però ti incita ad andare avanti e tu devi fare il tuo pezzo di strada e poi consegnarlo a qualcun altro. Non ti devi voltare indietro: ti volti solo quando lo prendi, poi devi correre con tutta la forza che l’altro ti ha lasciato, sapendo che la strada che devi fare è diversa e che ognuno corre secondo le proprie abilità”, ha spiegato. “Concepisco questa eredità che è stata lasciata a tutti noi – da 150 persone nel 1982, ora siamo più di 10.000 in Europa – come una grande occasione, incontro tante persone che hanno conosciuto papà e in tutte ha lasciato un segno positivo”.
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