In Sicilia, e a Palermo in particolare, sono ormai esaurite le scorte di sacche di sangue, con il rischio di essere insufficienti per le esigenze dei malati in cura, leucemici e talassemici, ma anche e soprattutto per le emergenze chirurgiche, ortopediche ed ostetriche. L'allarme viene lanciato dal direttore della Medicina trasfusionale dell’Ospedale Cervello, Raimondo Marcenò, che sottolinea la grande generosità dei palermitani, purtroppo insufficiente rispetto al fabbisogno degli ospedali cittadini costantemente pieni di pazienti provenienti da tutta la Regione, e dal presidente di Ail Palermo, Pino Toro. Durante il periodo estivo, viene registrato un fisiologico calo del numero delle donazioni di sangue pari a circa il 20 per cento. La carenza è peraltro accentuata dalla grande ondata di caldo torrido che mette a dura prova i donatori abituali. “Ma quest’anno si è aggiunto un provvedimento amministrativo che ha impedito alle piccole associazioni donatori di continuare la raccolta del sangue, in attesa di autorizzazione e certificazione, con il risultato che dal 1° luglio il numero delle donazioni è precipitato in tutto il territorio regionale – dichiara il dottor Marcenò -. Il provvedimento è stato reso obbligatorio da decreti nazionali e comunitari, ma è caduto nel periodo più sbagliato, alle soglie dell’usuale criticità estiva. Si rischia di non poter garantire la necessaria programmazione degli interventi di chirurgia, oltre che la regolare assistenza ai pazienti talassemici, ai leucemici, ai trapiantati”. Da qui un appello alle istituzioni perché portino avanti interventi concreti. Oltre le usuali campagne divulgative, occorrono soluzioni mirate a sostenere le piccole associazioni di sonatori, quali: mettere a disposizione nei Comuni i locali dove attivare i centri fissi per la raccolta del sangue (dovrebbe essere un dovere da parte dei sindaci e dei direttori delle Asp); facilitare l’acquisizione di auto-emoteche per potere raggiungere le sedi sprovviste di punti fissi per la raccolta sangue; riconoscere incentivazioni economiche per sostenere le attività straordinarie di raccolta; riconoscere al personale sanitario operativo nelle sedi di raccolta la validità del servizio svolto; promuovere regolare interventi formativi sulla donazione, che raggiungano capillarmente, ogni anno, le nuove generazioni. “La formazione delle nuove generazioni – aggiunge Pino Toro – deve rappresentare l’investimento maggiore, per limitare un fenomeno noto, cioè l’allungamento dell’aspettativa di vita (e dei bisogni di sangue) ma parallelamente la riduzione del numero dei nuovi donatori. Bisogna evitare, con un’accorta politica di promozione culturale e sociale che aumentino i bisogni, ma diminuisca la disponibilità di sangue”.