Il viaggio immaginario nella caverna di Polifemo, attraversa il brusio del pubblico che attende il buio in sala e prende forma sulla scena. “Io, Nessuno e Polifemo” apre la stagione del Teatro Biondo risvegliando un mito dal fascino immortale. L’intervista impossibile diviene possibile e reale grazie al potere immaginifico del teatro. Il Ciclope per antonomasia assume sembianze e sentimenti umani, rivendica il suo diritto di quiete a contatto con la natura e chiede giustizia per un’invasione vecchia tremila anni. Salvatore D’Onofrio nei panni di Polifemo, dà voce a questa nuova versione della storia, una voce che risuona dal passato in perfetta lingua napoletana e non nel siciliano di Aci Trezza, per ricordarci con un sorriso che la storia non sempre porta con sé tutta la verità. Anche l’Odisseo di Carmine Maringola parla in napoletano, l’Ulisse che ha parlato tutte le lingue del mondo grazie alla penna degli scrittori che gli hanno dato una voce, diventa, nella visione di Emma Dante un idolo televisivo arrogante rapito dal fascino della celebrità. Il gioco delle lingue di “Io, Nessuno e Polifemo” è un omaggio, dichiarato dalla stessa regista, a Carmelo Bene, Dario Fo e Franco Scaldati, al dialetto come lingua del teatro, un sicuro veicolo per condurre l’attore alla verità della scena. Come in un opera semiseria, musica e danze conferiscono ritmi e forme ogni volta diverse alle voci dei personaggi e proprio come in una caverna le linee curve e sinuose segnate da parola, suono e movimento, si restringono talvolta in angoli spigolosissimi e seducenti. Le coreografie di Sandro Maria Campagna empatizzano con i personaggi e regalano al pubblico una visione dei loro racconti. Così Federica Aloisio, Viola Carinci e Giusi Vicari divertono il pubblico come in un varietà con Ulisse supereroe che le guida in una danza sfrenata, si abbandonano ad un Polifemo burattinaio per essere fagocitate dalla sua fame di vendetta ma sanno anche mostrare l’angoscia di Penelope, intrappolata come un ragno suicida nella sua stessa tela e nelle onde di un mare schiumoso che le porta via il suo amato Odisseo. Al centro della scena, in una sorta di altare votato alla musica, Serena Ganci, autrice ed esecutrice dei brani. Col canto rassicurante delle sirene culla gli spettatori, portandoli per mano a sognare questa insolita caverna ma giunti all’interno non può fare a meno di svegliarli per godere di tutto ad occhi aperti.