È definitiva la confisca del patrimonio di Giuseppe Ferdico, 65 anni, imprenditore palermitano leader nel settore dei detersivi a Palermo. La sezione misure di prevenzione, su richiesta della Dda, ha emesso un decreto di confisca del patrimonio divenuto irrevocabile con sentenza della corte di cassazione, per un valore stimato di oltre 100 milioni di euro. Il provvedimento è stato eseguito dai finanzieri del comando provinciale di Palermo.
Il procedimento di prevenzione nasce dalle indagini eseguite tra il 2006 ed il 2008 dagli specialisti del nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo – Gico in cui Ferdico risultava indagato per la sua contiguità a “cosa nostra”, in particolare alle famiglie mafiose di Acquasanta e San Lorenzo. A queste si sono aggiunte le dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia, e la corrispondenza sequestrata in occasione degli arresti dei boss Bernardo Provenzano e Salvatore Lo Piccolo. Assolto nel primo grado di giudizio, Ferdico è stato condannato in appello a nove anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. A seguito del ricorso in cassazione, la suprema corte ha rinviato gli atti alla corte d’appello, che non si è ancora pronunciata. I finanzieri hanno ricostruito la “storia economico – finanziaria” dell’importante gruppo imprenditoriale nella disponibilità di Ferdico, leader in provincia di Palermo nel settore della grande distribuzione e dei prodotti per la casa e l’igiene.
Secondo le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Ferdico avrebbe utilizzato, nella gestione della sua attività di commercializzazione di detersivi, anche risorse finanziarie di Claudio Lo Piccolo, figlio del boss Salvatore, e di altri esponenti del mandamento di San Lorenzo; si sarebbe interposto nella titolarità di immobili ad uso commerciale, in realtà riferibili alla famiglia mafiosa di Carini; avrebbe immesso nelle proprie società 400 milioni di lire riconducibili alla famiglia dell’Acquasanta; sarebbe stato, fin dagli albori della sua iniziativa imprenditoriale, “a disposizione” di “Cosa Nostra”, garantendo ritorni economici e assunzioni a familiari di uomini d’onore; grazie ai suoi rapporti con le articolazioni territoriali della mafia, avrebbe potuto espandersi economicamente nei territori da esse controllate. Inoltre quando furono arrestati Provenzano e i Lo Piccolo, furono trovati dei “pizzini” il cui contenuto avrebbe avvalorato la contiguità del Ferdico con la mafia, a cui garantiva posti di lavoro e corrispondeva periodicamente ingenti somme di denaro a titolo di ripartizione degli utili.
Gli approfondimenti economico – patrimoniali hanno fatto emergere, a partire dalla seconda metà degli anni novanta, l’immissione di capitali nelle aziende da parte dell’imprenditore e dei suoi familiari per valori sproporzionati rispetto alle loro capacità reddituali dichiarate e uno sviluppo imprenditoriale significativo proprio nelle aree territoriali di riferimento delle famiglie mafiose ritenute “vicine”. Nel 2012 la sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, facendo proprie le ricostruzioni effettuate dai finanzieri, ritenne ricorrenti gli elementi per considerare l’imprenditore soggetto socialmente pericoloso in quanto appartenente, anche se non partecipe, al sodalizio mafioso in ragione delle molteplici e radicate relazioni con esponenti di vertice dell’organizzazione e, per questo, dispose il sequestro dell’intero patrimonio riconducibile all’uomo.
All’esito dell’iter processuale, la confisca definitiva dei seguenti beni: quote societarie di 6 imprese operanti nel settore della grande distribuzione di detersivi, proprietarie di 4 complessi immobiliari a destinazione commerciale (ipermercati) e industriale (centro distribuzione merci), con sedi a Palermo e Carini; 4 conti correnti; 13 terreni; 16 appartamenti nella città di Palermo; 2 ville di lusso in località Tommaso Natale e Sferracavallo. I beni confiscati hanno un valore complessivo attualmente stimato in oltre 100 milioni di euro.