Dopo il grande stress e le “sconfitte” incassate in aula che hanno sostanzialmente modificato l’impianto della riforma proposta dal governo, per il presidente Rosario Crocetta è finalmente arrivato il momento di esultare: "È stata una grande fatica, ma alla fine, grazie anche alle azioni di mediazioni del Governo, è venuta fuori una buona legge. Stiamo anticipando quello che avverrà tra qualche mese in Italia. Spero che martedì la legge venga approvata. Verranno istituiti i consorzi, ma anche le città metropolitane, abbiamo raggiunto su alcune cose molto di più di quanto avevamo pensato”. Poi il presidente passa a metafore d’alta finanza per spiegare come verrà gestito il debito degli ormai ex enti provinciali: “Anche quando si fanno le ristrutturazioni delle aziende c'è la new company e la bad company – spiega Crocetta – non possiamo caricare sui nuovi consorzi tutti i debiti delle Province. Sarebbe criminale". Infine sul personale Crocetta ha assicurato: "Non bisogna preoccuparsi perché sarà valorizzato. Una parte dei funzionari sarà trasferita ai Comuni dove possono mantenere lo status, e alcuni andranno nei consorzi e nelle città metropolitane". Di tutt’altro tenore le dichiarazioni degli esponenti dell’opposizione, fra questi il primo a prendere la parola è Totò Cordaro (PID) "Il pasticcio è fatto – dichiara il deputato palermitano – adesso attendiamo di vedere come il presidente dell'Assemblea riuscirà a riordinare, attraverso gli uffici, le decine di contraddizioni normative e logico-giuridiche esistenti nel testo sin qui esitato. Al governo regionale diciamo, pertanto, che qualsiasi trionfalismo di oggi potrebbe trasformarsi in una disfatta domani. E ciò perché, intanto, la legge deve essere ancora approvata. Ma soprattutto in ragione di una pressoché certa impugnativa da parte del Commissario dello Stato. La sostanza per noi non cambia: è una aberrazione giuridica e il nostro voto sarà comunque contrario". "Oggi si è consumato in aula il penultimo atto di una vicenda legislativa schizofrenica e irragionevole – afferma il leader dell’opposizione Nello Musumeci – la finta soppressione delle Province è solo una trovata, inventata per la politica-spettacolo, che serve a Crocetta per fargli dire: come vedete, facciamo sul serio la rivoluzione. Una legge incostituzionale, inapplicabile, che toglie il diritto al voto a quattro milioni di siciliani e che rischia di condannare i Comuni alla paralisi ed al collasso finanziario. Vedremo in aula martedì, a scrutinio palese nominale, quanti deputati sapranno assumersi la responsabilità di far passare questo mostro giuridico". Quel che è certo è che l’Aula ha approvato l'articolo 7 del ddl che sostituisce le vecchie province con i liberi consorzi, dando così il via libera alle città metropolitane, uno dei nodi cruciali e più controversi della riforma. Ecco cosa prevede l'articolo 7 emendato: "I comuni di Palermo Catania e Messina assumono la denominazione di città metropolitane. In sede di prima applicazione il territorio delle città metropolitane coincide con quello delle aree metropolitane individuate con decreto del presidente della Regione con decreto del 10 agosto 95 e cioè Palermo, Messina e Catania". IL DETTAGLIO Le Province spariscono: questa è l’unica certezza al momento. Non ci saranno più elezioni provinciali. Nascono, invece i “liberi consorzi di comuni”, enti previsti dallo Statuto speciale. Enti di “secondo grado”, secondo la formulazione del parlamento. Non più eletti dal popolo, ma composti dai sindaci dei comuni che lo compongono. La nascita delle città metropolitane, invece, è strettamente connessa alla possibilità di far arrivare finanziamenti europei indirizzati proprio a questa tipologia di ente. Con le tre città metropolitane, come detto Palermo, Catania e Messina, ci saranno i nove liberi consorzi, composti inizialmente dai Comuni appartenenti alle vecchie Province e che potranno “esercitare in forma unitaria funzioni e servizi”. Continueranno, almeno all’inizio ad utilizzare le risorse finanziarie, materiali ed umane già di spettenza delle corrispondenti province regionali e continueranno ad avvalersi, nei limiti delle disponibilità finanziarie dei servizi svolti da società interamente partecipate, garantendo la continuità dei rapporti contrattuali in essere alla data di entrata in vigore della legge. Un nuovo consorzio potrà essere chiamato tale se e solo se questo contiene al suo interno almeno 180 mila abitanti. I Comuni, entro sei mesi dalla pubblicazione del ddl di riforma potranno chiedere di formare il nuovo ente. Ma per farlo dovranno rispettare, anche, il requisito della continuità territoriale. Per ipotesi, Monreale non potrà mai fare consorzio con Acireale. Dovranno essere tutti comuni confinanti. Per l’adesione, i Comuni dovranno esprimersi attraverso delibere approvate dai due terzi dei componenti del Consiglio comunale, e dopo un referendum confermativo. Il Libero Consorzio verrà composto dal presidente, dalla giunta e dall'Assemblea. Sarà quest'ultima a eleggere appunto la guida del nuovo ente. L'assemblea verrà formata dai soli sindaci. E non è poco. In province come Messina o Catania, le assemblee potrebbero essere formate da sessanta, settanta sindaci. Le cui missioni e trasferte saranno rimborsate dai Comuni stessi. Solo il tempo e il costo di queste missioni, insomma, potranno dare qualche indicazione reale sul risparmio legato alla scomparsa dei vecchi consigli provinciali e delle vecchie giunte. Scompaiono infatti anche i gettoni di presenza e le indennità della vecchia "casta" delle Province. Per quanto riguarda l’elezione del Presidente del Consorzio, questo sarà uno dei sindaci che compongono il consorzio stesso, e verrà eletto non solo dai sindaci stessi, ma anche da tutti i consiglieri dei Comuni che compongono il Consorzio. È stata molto complicata, invece, l’istituzione delle città metropolitane di Palermo, Catania e Messina. Al di là della denominazione, quello che cambia è la “sostanza”. Alla nuova formulazione delle tre città metropolitane, infatti, aderiscono anche una serie di Comuni. Una ventina circa per ciascuna. L'elezione del “sindaco metropolitano” sarà affidata a una legge successiva, mentre i Comuni possono scegliere sia di uscire dalla città metropolitana, sia di farne parte, ma solo in caso di continuità territoriale e solo in seguito a una delibera del Consiglio approvata a maggioranza assoluta. Entro sei mesi i Comuni dovranno decidere se uscire o far parte di un nuovo Consorzio. Fino al 31 ottobre la continuità verrà assicurata dagli attuali Commissari delle Province. Entro quella data dovrà essere approvata la legge che prevede il trasferimento delle funzioni dal vecchio al nuovo ente..