Vogliono esportare la Serie A come se fosse l’NBA: si può fare?

Redazione

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Vogliono esportare la Serie A come se fosse l’NBA: si può fare?
La serie A deve affrontare numerose sfide che rendono il percorso più complesso del previsto

20 Febbraio 2025 - 09:49

Nel mondo dello sport organizzato le leghe si stanno pian piano configurando come prodotti da esportazione, ovvero come modelli replicabili all’interno di contesti diversi da quello di origine. Durante il corso degli ultimi anni abbiamo visto l’NBA, la principale lega di Basketball, organizzare partite diventate poi eventi di portata maggiore anche al di fuori del proprio “solito range di azione”, in città come Parigi o Abu Dhabi, così da creare nuovi appuntamenti per gli appassionati.

Questo genere di azione ha portato a una massiccia vendita di biglietti grazie all’apertura nei confronti di nuovi mercati e anche all’aumento di abbonamenti ai servizi streaming esclusivi della lega, dando effettivamente uno spiraglio di luce per tutte quelle leghe sportive che un po’ faticano in questo periodo.

Chiunque conosca da vicino un po’ il mondo delle scommesse serie a sà benissimo quanto la lega stia cercando nuove occasioni e nuovi strumenti per racimolare fondi extra, viste le difficoltà dell’ultimo periodo. Può la principale lega italiana aottare almeno in parte il modello americano per risollevarsi dalle problematiche recenti?

Da dove viene il successo dell’NBA?

I grandi esperti sono tutti concordi nel dire una cosa: se l’NBA effettivamente può ruscire a esportare il proprio brand anche con relativa facilità, la serie A deve affrontare numerose sfide che rendono il percorso più complesso del previsto. Questo perché l’NBA ha cercato di globalizzare il proprio marchio da moltissimo tempo, lavorando per decenni al fine di fidelizzare una fanbase dal respiro quasi planetario.

Il successo degli NBA Global Games, infatti, si deve non soltanto all’apertura dei nuovi mercati ma anche alla ricettività di questi ultimi, questa derivante da tutto un ecosistema di eventi collaterali che piacciono ai tifosi e che vanno già a rafforzare un forte legame con il brand principale. Quando Luigi De Siervo ha dichiarato di voler esportare il calcio italiano all’estero, con particolare mira all’Arabia Saudita, ha incontrato rapidamente le perplessità degli addetti ai lavori proprio per la mancanza di consapevolezza sul tema.

La serie A, ad esempio, non ha un’audience che si possa definire come globale! Basta guardare i risultati delle edizioni di supercoppa che si sono giocate nel mondo Arabo, con un’accoglienza (non economica) molto più fredda del previsto. Nonostante il successo delle competizioni dal punto di vista delle quote calcio, che sono state sempre popolate come al solito, Riyadh e Jeddah si sono dimostrati luoghi forse ancora privi del materiale umano necessario per popolare gli stadi nella maniera sperata.

Come si può fare per provarci?

Gli ostacoli che impediscono la semplice esportazione della Serie A non è detto che siano semplicemente risolvibili: il calcio è uno sport che per distribuzione degli eventi è molto diverso dal basket; gli eventi calcistici sono più numerosi e le partite di campionato hanno un peso specifico decisamente superiore alle singole gare NBA.

A questo, poi, bisogna aggiungere un dato non da poco: nel calcio a tifoseria è molto più territoriale di quella della pallacanestro; giocare partite di campionato a migliaia di chilometri di distanza pone un concreto rischio di alienazione e inimicizia da parte della tifoseria che poi in parte alimenta il funzionamento della squadra!

Per esportare la serie A come se fosse un prodotto è necessario che questo inizi a studiare un approccio strategico e a lungo termine, creando una rete di iniziative mirate con lo scopo di promuovere il calcio italiano al di fuori dei confini nazionali, un po’ come sta facendo la premier league attraverso la collaborazione con i media locali degli universi anglofoni!

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