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Altofonte ricorda il piccolo Giuseppe Di Matteo: “Non dimentichiamo”

Un ricordo commosso e sincero quello organizzato oggi dal comune di Altofonte in onore di Giuseppe Di Matteo, ucciso dalla mafia l’11 gennaio del 1996 per punire il padre Santino che aveva iniziato a collaborare con la giustizia. Piazza stracolma di tanti bambini soprattutto per celebrare il ricordo di una giovane e innocente vittima di cosa nostra. Tante le personalità che hanno preso parte a questa giornata, dal vescovo di Monreale Gualtiero Isacchi, passando per iol comandante della legione carabinieri Sicilia, Rosario Castello, il prefetto di Palermo Maria Teresa Cucinotta, il questore di Palermo Leopoldo Laricchia, il comandante regionale della guardia di finanza Riccardo Rapanotti, il presidente dell’Ars Sicilia Gaetamp Galvagno, Antonello Cracolici, presidente della Commissione regionale antimafia, l’onorevole e presidente del consiglio comunale Marco Intravaia, i sindaci di Corleone, San Cipirello, Roccamena, Piana degli Albanesi, Santa Cristina Gela, insieme all’associazione archeologica valle dello Jato, il Parlamento della Legalità, il giornalista Pino Nazio e il fratello di Giuseppe, Nicola Di Matteo. A fare gli onori di casa, il sindaco di Altofonte, Angela De Luca.

Nel corso della cerimonia, è stata ripristinata la targa che ricorda Giuseppe, posizionata nella piazza Falcone e Borsellino. A seguire è stata letta la deposizione del pentito Vincenzo Chiodo dall’attore Paolo Di Piazza. Inoltre gli studenti dell’istituto Armaforte di Altofonte, hanno cantato e recitato delle poesie. L’iniziativa dedicata a Giuseppe Di Matteo ad Altofonte è stata pensata nell’ambito della Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti di mafia. Cracolici ha sottolineato che “i bambini qui presenti non erano nati quando nei processi i mafiosi venivano assolti, perché la mafia non esisteva neanche nei tribunali. Il principale nemico della Sicilia è l’indifferenza, che è persino peggiore della connivenza, che invece può essere perseguita penalmente. L’indifferenza ha consentito la diffusione della mafiosità, colpendo la dignità del popolo siciliano e producendo un’escalation di violenza. Per questo è importante l’impegno civile e per questo dobbiamo colpire e isolare i boss che per troppo tempo hanno goduto di un largo consenso sociale tra i cittadini. Per anni nel mondo i siciliani sono stati considerati figli della cultura mafiosa. Oggi dobbiamo riappropriarci di valori che sono nostri, non di Cosa nostra, rivendicare l’onorabilità è un gesto che ci deve appartenere, oggi e sempre”. (Foto per gentile concessione di Nino Bruno)

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