E’ tutta in quel lungo applauso che accompagna Gigi Petyx nel suo ultimo viaggio, la commozione e l’emozione di tutti. Anche la mia, non lo nego. Gigi Petyx per me non era solo il papà di Igor, amico, fotografo e collega di mille e mille avventure. Gigi è stata la persona che mi ha accompagnato nel mio primo servizio commissionato dal Giornale di Sicilia.
Era l’inizio del 2003. Gigi arrivò puntualissimo in redazione, in via Lincoln. Come sempre si muoveva a piedi oppure con gli autobus. Ma non sgarrava un secondo. Insieme poi ci siamo mossi con il mio scooter. Gigi mi ha messo subito a mio agio. Raccontandomi gli aneddoti più strani sul giornale, sul mio “capo” e sul nostro mestiere. Avevo la sensazione che ci conoscessimo da anni e anni. Invece lo avevo intravisto qualche volta in redazione di sfuggita. Fu lui, poi, sul posto a “guidarmi”: Intervista lui – mi diceva – Io gli faccio la foto. E poi pure lei. Chiedile questa cosa”.
Poi con Gigi è nato un rapporto di stima reciproca. Sapevo sempre di poter contare su di lui. Anche agli orari più assurdi e nei luoghi più strani. “Gigi, ma ce la faremo?”, gli chiedevo magari quando una scadenza incombeva. “Ma certo”, mi diceva ridendo. Anche se non avevamo fatto una sola fotografia e scritto un singolo rigo. Ma alla fine aveva ragione lui. E ce la facevamo sempre. Gigi Petyx era un grande professionista. Riprendo le parole che ha detto Marco Romano, il direttore del Giornale di Sicilia, oggi ai suoi funerali: metteva la stessa professionalità nel lavoro sia quando fotografava la strage di Montagna Longa o Ninetta Bagarella, che quando fotografava studenti per cronache in classe o un marciapiede rotto. Non ci vedevamo da tempo. Le nostre strade si erano divise da tempo. Ma ha avuto un ruolo fondamentale nella mia carriera. Mi mancherà.