Palermo

Nuovo appello vedova Schifani a 30 anni dalla strage: “Fateci conoscere la verita”

“Aggiungerei di collaborare e di farci conoscere la verità anche se, a distanza di 30 anni, non credo ci sia una voglia di conoscere la verità perché ci sono coinvolte troppe persone che facevano parte anche dello Stato”. Sono amare le parole al Giornale Radio Rai (Rai Radio1) di Rosaria Costa, vedova dell’agente Vito Schifani morto nella strage di Capaci, a 30 anni da quel giorno. Le sue parole ai funerali sono diventate il simbolo di quei giorni e la prima forte reazione all’ingiustizia.

“Io vi perdono, però dovete mettervi in ginocchio”, disse ai mafiosi e agli organizzatori dell’attentato. Oggi rinnova così il suo appello: “Direi di comportarsi degnamente, anche alle forze dell’ordine che indossano la divisa, di non sporcarla come hanno fatto in passato quelli che hanno tradito i colleghi, che sono passati dall’altra parte della barricata. Il mio appello è: cercate di avere una coscienza perché poi andrete a vedervela con Dio”.

Sulla scelta di non partecipare alle commemorazioni ufficiali a Palermo, Rosaria Costa dice: “Io preferisco andare a parlare ai ragazzi nelle scuole, mi piace stare coi giovani. Non è che non credo nelle manifestazioni ufficiali, ma non vado perché non mi sento a mio agio dove ci sono tantissime persone solo per le commemorazioni e poi finisce tutto. Io preferisco il 23 maggio andarmene in chiesa e starmene con Dio. Ciò non toglie che queste persone facciano bene, anche mio figlio è andato a Palermo per la commemorazione. Quando ci fu la camera ardente a palazzo di Giustizia, ricordo tantissime persone, tantissimi ragazzi, anche a quella delle scorte che poi morirono in via d’Amelio. E questo mi è bastato per capire che la folla è solo confusione. La folla per me è terribile, è un fardello che non vorrei portare sempre. Io voglio starmene da sola, vado in Chiesa, sto in famiglia. Non contesto nulla ma non voglio far parte di questa cosa”.

Di quel 23 maggio, Rosaria ricorda “la bara di Vito e di averlo visto con questo panno bianco in viso, e di avergli potuto accarezzare solo la mano. E ho giurato davanti a quella mano che nostro figlio sarebbe diventato una bravissima persona e ho fatto di tutto per farlo crescere nella legalità. Il mio progetto, quello che ho giurato, l’ho portato a termine”. Emanuele Schifani è diventato un agente della Guardia di Finanza.

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