Giletti andrà a processo per diffamazione aggravata nei confronti di una famiglia di Pioppo. La storia inizia nell’aprile del 2016, quando durante una puntata della trasmissione L’Arena in onda su Rai Uno, nel corso della quale il presidente della Regione Sicilia Rosario Crocetta aveva denunciato la presenza di soggetti condannati per gravi reati di mafia all’interno del comparto dei lavoratori forestali dipendenti della Regione, il conduttore Massimo Giletti intervistando Giuseppe Campanella, dipendente stagionale della Forestale, che nel lontano 1993 aveva riportato una condanna per favoreggiamento, lo presentò quale esponente della “pericolosa famiglia mafiosa dei Campanella”. I familiari, tutti incensurati, alcuni dei quali affermati professionisti, denunciarono Giletti per diffamazione aggravata.
Il conduttore alcune trasmissioni dopo ammetteva di essersi sbagliato e che non intendeva fare riferimento ai familiari del Campanella in quanto non facenti parte del clan mafioso dei Campanella. Il sostituto procuratore della Repubblica di Roma, dopo oltre 3 anni di indagine lo scorso novembre presentò istanza di archiviazione affermando che il Giletti non aveva inteso diffamare i familiari del Campanella. I difensori dei familiari del Campanella, gli avvocati Salvino Caputo, Francesca Fucaloro e Giada Caputo, che ha curato tutte le indagini difensive e le dichiarazioni di numerosi testimoni, presentarono formale opposizione dimostrando che non esiste nel panorama criminale una famiglia mafiosa Campanella. Il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Roma, rigettò la richiesta di archiviazione ordinando al pubblico ministero di avviare nuove indagini. Intanto il tribunale civile di Palermo condannava Giletti e la Rai a risarcire la famiglia per i gravi danni subiti sia moralmente che nell’immagine.
Oggi la Procura della Repubblica di Roma, condividendo le tesi difensive dei legali e formalizzando la chiusura delle indagini, contesta a Giletti l’accusa di diffamazione aggravata nei confronti dell’intero nucleo familiare di Giuseppe Campanella, a dimostrazione della gratuità e gravità delle accuse mosse dal conduttore televisivo. “Affermare in Sicilia – ha precisato Salvino Caputo – che un soggetto fa parte di una famiglia mafiosa, equivale alla morte civile. Questa è la dimostrazione di come non fare corretta informazione, e di ricercare a tutti i costi audience e pubblicità, utilizzando la televisione pubblica”.