CATANIA (ITALPRESS) – I Carabinieri della Compagnia di Paternò, in collaborazione con i colleghi del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Catania, hanno denunciato 5 persone, tra mafiosi o familiari di mafiosi, gravemente indiziate di avere percepito indebitamente il reddito di cittadinanza, utilizzando dichiarazioni mendaci e omettendo informazioni dovute. Nell’ambito di una rapida e mirata attività d’indagine, avviata d’iniziativa, è stata approfondita la posizione dei cittadini percettori di erogazioni pubbliche da parte dello Stato, nel caso di specie del Reddito di Cittadinanza. Gli accertamenti sono stati prioritariamente indirizzati a indentificare quelle persone che, seppur in carenza dei requisiti richiesti dalla normativa di settore, risultano usufruire ugualmente, direttamente o indirettamente, dell’erogazione del beneficio.
Nello specifico, gli investigatori hanno scovato tra i beneficiari soggetti appartenenti a cosche mafiose attive nel capoluogo etneo e in provincia che, pur essendo gravati da sentenze passate in giudicato per i reati di associazione di tipo mafioso, hanno personalmente richiesto ed ottenuto il Reddito di cittadinanza. In particolare il capo e organizzatore del clan “Alleruzzo-Assinnata-Amantea”, articolazione territoriale della famiglia “Santapaola-Ercolano” di Catania, attualmente detenuto e tratto in arresto nell’ambito della recente operazione “Sotto Scacco” condotta dalla Compagnia Carabinieri di Paternò e dalla D.D.A. della Procura etnea, conclusasi il 4 maggio scorso con l’esecuzione di 40 ordinanze di custodia cautelare in carcere. Denunciata anche una donna, attualmente detenuta, appartenente al clan “Rapisarda”, attivo nel comune di Paternò e articolazione locale della famiglia “Laudani” di Catania, moglie del reggente dell’omonimo clan, attualmente detenuto al 41 bis.
E poi, un appartenente al “gruppo di Picanello” della famiglia “Santapaola-Ercolano” di Catania,
nonchè altre due donne che hanno richiesto e ottenuto il beneficio, per conto dei propri coniugi, pur essendo anche quest’ultimi gravati da sentenze di condanna definitive per associazione di tipo mafioso: nello specifico, appartenenti rispettivamente al “gruppo di Picanello” della famiglia “Santapaola-Ercolano” e al clan “Morabito-Rapisarda”, attivo nel comune di Paternò e articolazione locale della famiglia “Laudani” del capoluogo etneo.
Il beneficio, concesso a richiesta dei cittadini, è subordinato ad una serie di requisiti da possedere cumulativamente all’atto della presentazione dell’istanza e per tutta la durata del beneficio. Nello specifico, chi lo richiede e i componenti del nucleo familiare del richiedente, nei dieci anni precedenti, non devono essere stati condannati (con sentenze irrevocabili) per reati, tra gli altri, di associazione di tipo mafioso o truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.
Per scoraggiare comportamenti illeciti sono state introdotte specifiche sanzioni di natura penale, prevedendo in particolare la pena della reclusione da due a sei anni nei confronti di chiunque, al fine dell’indebita percezione del beneficio “rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero omette informazioni dovute”, come avviene nell’iniziale fase in cui il richiedente non è percettore del sussidio e intende ottenerlo.
L’importo complessivo riscosso indebitamente, a vario titolo tra marzo 2020 e lo scorso settembre, è di oltre 48 mila euro. L’Inps, che ha confermato l’importo, su delega della Procura di Catania ha revocato immediatamente il beneficio e avviato le necessarie procedure di restituzione di quanto illecitamente percepito, evitando così che l’Erario continuasse ad elargire ai soggetti denunciati ulteriori consistenti somme non dovute.
Le numerose operazioni condotte in ambito provinciale dai reparti dell’Arma, anche in collaborazione con il Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro di Catania, hanno consentito, nell’anno 2021, di acquisire elementi indiziari sul conto di 149 persone che, a vario titolo, con false attestazioni, hanno indebitamente goduto delle somme di denaro pubblico destinate loro per un ammontare complessivo di oltre un milione di euro. Di rilievo, in particolare, gli accertamenti che nell’aprile scorso hanno consentito, su delega della Procura Distrettuale etnea, l’esecuzione di un decreto di sequestro preventivo delle carte di reddito di cittadinanza nei confronti di 76 persone, tra cui anche alcuni “uomini d’onore”, indebiti percettori per avere utilizzato dichiarazioni attestanti cose non vere nonchè omettendo informazioni dovute.
(ITALPRESS).
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