Sono quattro i fermi eseguiti dalla Squadra Mobile della Questura di Palermo nella notte in seguito a un blitz all’interno del quartiere Zen. I malviventi sono accusati di tentato omicidio con l’aggravante del metodo mafioso nell’ambito del violento agguato a Giuseppe Colombo e ai figli Antonino e Fabrizio, avvenuto martedì 23 marzo in via Patti e che avrebbe potuto causare la morte dei tre, feriti ma riusciti a fuggire in auto. I quattro arrestati sono ritenuti i complici di Letterio e Pietro Maranzano, già sottoposti al fermo di indiziato di delitto da parte della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, che ha collaborato fattivamente anche al blitz di questa mattina realizzato con successo grazie al pieno coordinamento. Teatro degli eventi il quartiere Zen di Palermo, spesso caratterizzato da omertà e da un senso di diffidenza nei confronti dell’operato delle forze dell’ordine.
Un’operazione che può invece dare fiducia alle tante persone perbene che abitano il rione e che dimostra che non esistono zone franche all’interno del capoluogo siciliano. A scendere nei dettagli nel corso della conferenza stampa indetta negli uffici della Questura è Rodolfo Ruperti, a capo della squadra Mobile: “Un’azione così violenta e dimostrativa non si era mai registrata. Abbiamo avuto fatti più cruenti che si sono conclusi con la morte, ma le azioni non avevano mai avuto questo impatto devastante. É il concetto di gruppo paramilitare che si organizza e agisce non solo per uccidere i due Colombo, ma che in pieno giorno rischia di causare danni a persone che potevano transitare per puro caso. É una vera e propria operazione antimafia – sottolinea Ruperti – con cui andiamo a beccare quel sottobosco che alimenta le azioni illecite dello Zen. I Maranzano sono conosciuti alle forze dell’ordine, la dimostrazione di forza era nei confronti di tutti coloro che sono ostili a loro, quindi anche verso le forze dell’ordine. Speravano nella completa omertà da parte delle vittime, che in effetti abbiamo all’inizio registrato”. L’ARTICOLO CONTINUA DOPO IL VIDEO
“L’azione di forza – aggiunge nel corso della conferenza – era stata ben congeniata per terrorizzare i bersagli. Una donna coraggiosa ha cominciato a darci indicazioni, poi arricchite da un’altra testimonianza e dalle acquisizioni delle telecamere. E così abbiamo arrestato quattro persone”. Secondo le ricostruzioni degli inquirenti, martedì scorso era nata una lite apparentemente occasionale in un bar dello Zen 1, scaturita da una pacca sulle spalle all’uscita dell’esercizio commerciale. É questa la scusa dei Maranzano per alimentare una tensione immortalata dal sistema di videosorveglianza. Successivamente si cominciano a radunare diverse persone attorno alla figura dei Maranzano. A fare da mediatore nella faida è Giovanni Cefali, chiamato dal figlio Nicolò che era presente nel bar. La richiesta di Maranzano è quella di uno scontro con i figli di Colombo, che avrebbero dovuto fare a botte in un posto chiuso con delle persone. Non c’è però mediazione possibile e Cefali avvisa Giuseppe Colombo, che prova ad avvertire i figli dell’imminente pericolo ma non riesce a fare in tempo.
In via Patti si raduna un vero e proprio commando con i Maranzano in testa: scatta l’aggressione, alcuni tirano fuori le pistole e sparano diversi colpi, almeno una decina, ferendo i Colombo che riescono però a fuggire in quanto la loro auto era nelle vicinanze. Le indagini hanno portato dunque al fermo, lo stesso giorno, dei Letterio e Pietro Maranzano, quindi dopo il blitz nella notte anche di altri quattro soggetti. La Squadra Mobile continua a monitorare il quartiere Zen, di fatto accerchiato nel corso dell’operazione che si è conclusa alle prime luci dell’alba. Come riferito nel corso della conferenza stampa, la scena del delitto era stata ripulita nell’immediatezza e all’inizio vi erano state difficoltà nel capire il luogo preciso in cui fosse avvenuto il fatto. Sono stati repertati proiettili e si può affermare che abbiano sparato almeno tre pistole diverse. Non sono state trovate le armi, mentre altri individui sono stati indicati da chi coordina le indagini come possibili partecipanti all’agguato. In tutto i responsabili del fatto delittuoso potrebbero essere una decina. La compagna di Giuseppe Colombo ha ricevuto una forma di tutela in seguito alle sue testimonianze.
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