Sul terribile attentato in Congo in cui sono morti l’ambasciatore Luca Attanasio, il carabiniere Vittorio Iacovacci e anche il loro autista Mustapha Milambo, è intervenuto l’arcivescovo di Monreale, Michele Pennisi che li ha definiti “servitori della pace e del diritto”. Oggi alle 17,30, al Duomo di Monrele, siterrà una Santa Messa, proprio in ricordo delle vittime dell’attentato in Congo. “Assieme a loro vogliamo ricordare tutti i caduti delle missioni internazionali di sostegno alla pace -prosegue Pennisi – A nome della Comunità ecclesiale desidero esprimere un sentito cordoglio ai familiari di questi nostri fratelli, al corpo diplomatico e ai carabinieri. Oggi siamo chiamati a raccogliere l’ esemplare testimonianza dell’ambasciatore Luca Attanasio, “persona di spiccate qualità umane e cristiane, sempre prodigo nel tessere rapporti fraterni e cordiali; come pure il carabiniere, Vittorio Iacovacci, esperto e generoso nel suo servizio e prossimo a formare una nuova famiglia” come li ha definiti papa Francesco”.
“Vogliamo applicare a loro quello che abbiamo ascoltato nel libro della Sapienza “Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio, la loro fine fu ritenuta una sciagura, ma essi sono nella pace. Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi, la loro speranza è piena di immortalità” – aggiunge Pennisi – Sia il giovane ambasciatore italiano Luca che il giovane carabiniere Vittorio non devono essere ammirati per quella morte giunta in modo profondamente ingiusto e violento, ma per la profonda giustizia con cui sono vissuti. Loro assieme a tanti altri ambasciatori, militari in missione di pace, medici, missionari, volontari , umili lavoratori come l’autista Mustaphà, fanno parte di un esercito pacifico di uomini e donne convinte che l’ unica forma di eroismo accettabile è compiere tutti i giorni il proprio dovere”.
Luca Attanasio, che del suo ruolo di ambasciatore sentiva soprattutto la responsabilità di portare sviluppo e cooperazione nel nome dell’Italia, era un amico di tutti i missionari e le missionarie che aiutava nella loro opera. Assieme a sua moglie Zakia si occupava del recupero dei ragazzi di strada, attraverso una associazione chiamata “Mamma Sofia”. Lui cattolico convinto, Lei musulmana avevano fedi diverse ma lo stesso amore verso i più piccoli e i più poveri. Il giovane carabiniere Vittorio, appartenente al 13esimo Reggimento “Friuli Venezia Giulia” con la missione di essere “angelo custode” del diplomatico, era molto amato e stimato per il grande altruismo, la generosa disponibilità e la grande professionalità nello svolgere il proprio servizio quotidiano, con l’impegno di custodire la sicurezza e di promuovere la giustizia e la pace. “Con intima gratitudine per questi nostri fratelli, il cui sacrificio è di esempio per tutti noi, affidiamo alla misericordia di Dio le loro anime, e rinnoviamo il sincero proposito di essere degni della grande eredità che essi ci hanno lasciato per portare nel mondo lo sviluppo e la pace”, conclude Pennisi.