Il blitz a Tommaso Natale: lo scontro tra i boss e le estorsioni: “Io sono Cosa Nostra”

Redazione

Palermo - I retroscena dell'operazione "Bivio"

Il blitz a Tommaso Natale: lo scontro tra i boss e le estorsioni: “Io sono Cosa Nostra”
Nell'ambito delle indagini è emersa la nascita di una nuova articolazione mafiosa, ovvero la famiglia mafiosa di Zen-Pallavicino

26 Gennaio 2021 - 11:19

Cosa nostra contro Cosa nostra. Nuovi boss designati contro vecchi boss. Nel corso dell’indagine culminata oggi nell’operazione del carabinieri di Palermo, “Bivio”, è emerso come la commissione provinciale di Cosa nostra palermitana, riunitasi il 29 maggio 2018 dopo quasi trent’anni di inattività, e smantellata a seguito dell’operazione “Cupola 2.0”, avesse condizionato le dinamiche criminali del mandamento mafioso, definendo nuovi assetti che si sono scontrati con le rivendicazioni dei vecchi boss via via rimessi in libertà. Infatti, in linea con le regole stabilite, il nuovo reggente del mandamento di Tommaso Natale, Francesco Palumeri, si è reso protagonista, suscitando rilevanti frizioni interne, della riorganizzazione dopo il momento di criticità conseguente al blitz dei carabinieri scattato il 4 dicembre 2018. Alcuni mesi prima il 14 maggio 2018, l’ex numero uno del mandamento, Nunzio Serio, era stato arrestato e al suo posto era subentrato Calogero Lo Piccolo, da poco rientrato a Palermo. Il 29 maggio 2018 si era tenuta la riunione della ricostituita commissione provinciale. A questo incontro, così come confermato dai collaboratori Filippo Bisconti e Francesco Colletti, aveva preso parte il nuovo capo del mandamento mafioso di Tommaso Natale, Calogero Lo Piccolo, che era stato accompagnato proprio da Francesco Palumeri, individuato come suo portavoce, e dunque vice del suo capo poi tratto in arresto.

BOSS CONTRO BOSS

Nell’ambito delle dinamiche associative si “è evidenziata la nascita di una nuova articolazione mafiosa nel mandamento di Tommaso Natale, ovvero la famiglia mafiosa di Zen-Pallavicino affidata alla gestione di Cusimano con l’aiuto di Francesco Abate”. Lo dicono gli investigatori che hanno condotto l’inchiesta. “Proprio tale articolazione è stata caratterizzata da problemi gestionali, dovuti all’esuberanza criminale e alla violenza di taluni gruppi di persone che, non affiliate formalmente a cosa nostra, hanno creato varie criticità sul territorio”, dicono i pm. “Fra i tanti momenti di tensione si è registrato, lo scorso settembre 2020, un grave episodio allo Zen, quando due gruppi armati si sono sfidati “a duello” – raccontano gli investigatori – I due gruppi, infatti, di cui uno composto da Andrea e Carmelo Barone appoggiati da Giuseppe Cusimano, si sono affrontati armi in pugno, in pieno giorno e sulla pubblica via, esplodendo svariati colpi di pistola che solo per un caso fortuito non hanno provocato la morte o il ferimento dei contendenti o di passanti”. “Questi fatti, assieme ad altri episodi, hanno indotto i vertici mafiosi a prendere provvedimenti nei confronti dei riottosi, meditando la soppressione di alcuni soggetti non allineati, la cui realizzazione è stata scongiurata grazie all’opera di prevenzione degli investigatori”, spiegano gli inquirenti.

LE ESTORSIONI

I commercianti che si opponevano al pizzo venivano puniti con il danneggiamento dei propri esercizi. “In tema di attività estorsive si è registrato, in tutto il territorio del mandamento, una pervicace e incisiva azione vessatoria in danno di imprenditori e commercianti, finalizzata, da una parte, a imporre i mezzi d’opera di alcuni affiliati mafiosi a tutti gli imprenditori impegnati in attività edili e dall’altra a riscuotere il “pizzo”, in maniera capillare, dai commercianti locali – dicono gli investigatori -In caso di resistenze da parte degli operatori economici, gli affiliati non hanno esitato a porre in essere danneggiamenti, anche di rilevante entità, incendiando i mezzi d’opera”. Sono state ricostruite, infatti, in maniera analitica, 13 attività estorsive aggravate dal metodo mafioso (10 consumate e 3 tentate), nonché due danneggiamenti seguiti da incendio in danno di altrettante imprese. Hanno collaborato con gli investigatori, denunciando i fatti, 5 imprenditori.

GLI ARRESTATI

A finire in carcere sono stati: Francesco Adelfio; Andrea Barone; Carmelo Barone; Marcello Bonomolo; Pietro Ciaramitaro; Giuseppe Cusimano; Francesco Finazzo; Salvatore Fiorentino; Sebastiano Giordano; Francesco L’Abate; Andrea Mancuso; Francesco Palumeri; Giuseppe Rizzuto; Baldassare Rizzuto; Antonino Vitamia; Michele Zito.

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