I principali sintomi dell’esofagite da reflusso sono tipicamente la pirosi retrosternale (ossia, da una sensazione di bruciore dietro al petto) e il rigurgito acido in bocca che si verifica quando i succi gastrici – frutto della digestione – dallo stomaco risalgono verso l’esofago irritandone le pareti.
L’esofagite da reflusso è un disturbo molto diffuso tra la popolazione in generale, ma riguarda molto spesso gli sportivi. In effetti, vari studi scientifici hanno dimostrato la correlazione tra Malattia da Reflusso Gastroesofageo (MRGE) e alcuni particolari tipi di sport ad alta intensità.
Vediamo allora quali sono le attività motorie “maggiormente a rischio”.
1. Triathlon
Il triathlon è uno sport individuale che si articola su tre diverse discipline, comuni a tutti gli atleti, – nuoto, ciclismo e corsa – da svolgere in successione (in ordine fisso) e senza soluzione di continuità. Dunque, è evidente che lo sforzo in questo caso sia triplicato. Tuttavia, va sottolineato che le tre attività suddette anche svolte singolarmente possono aumentare la probabilità di soffrire di esofagite da reflusso.
2. Salti
Siano essi svolti in estensione o in elevazione, non fa differenza! Tutte le tipologie di salto sollecitano in particolar modo il reflusso gastroesofageo. Basti pensare che per essere realizzato ogni salto deve passare per 4 fasi principali (rincorsa, stacco, volo-valicamento, atterraggio-chiusura), di cui già solo nella prima ritroviamo un’attività – la corsa – che, come appena visto nel punto precedente, basterebbe di per sé a scatenare il problema. Aggiungendo le altre tre, poi, si può solo che accentuare.
3. Sollevamento pesi
Anche sollevare grossi carichi, seppur disposti equamente a destra e sinistra su una barra d’acciaio, rende l’atleta più vulnerabile alla risalita di succhi gastrici, soprattutto a causa della forte spinta addominale che si ha durante la Manovra di Valsalva (espirazione forzata a glottide chiusa).
4. Surf
L’ultimo sport oggetto di attenzione da parte della comunità scientifica per il suo curioso legame con il reflusso è il surf. Si è ipotizzato che i momenti “incriminati” siano quei frangenti in cui si sta sdraiati a pancia in giù, spostandosi in acqua con la forza delle braccia e dei piedi. Sarebbero questi i movimenti che mettono in qualche modo in difficoltà l’apparato digerente.
Queste attività motorie hanno in comune la capacità di aumentare la pressione intraddominale, alterare della motilità esofagea durante l’esercizio, ridurre la clearance esofagea e aumentare i transitori rilasciamenti dello sfintere esofageo inferiore. Tutti conclamati fattori portatori di esofagite da reflusso.
Va sottolineato comunque, che, non sempre svolgendo esercizi fisici di tal genere si riscontrano conseguenze negative, soprattutto se l’allenamento praticato è low impact ed è accostato ad alcuni accorgimenti, quali:
non consumare pre-esercizio cibi a elevata tendenza acidificante (ad esempio né quelli zuccherini o grassi, né quelli troppo caldi/troppo freddi, o ancora, cioccolata, menta, agrumi, pomodoro, spezie piccanti, alcolici ad alta gradazione, bevande xantiniche come il the, il caffè, la coca cola, la redbull, ecc.);
masticare una chewing gum subito dopo il pasto, che aumentando la motilità aiuta a svuotare lo stomaco (attenzione: lontano dai pasti, invece, ha l’effetto contrario);
non allenarsi a stomaco pieno, bensì attendere almeno 3 ore dopo aver consumato un pasto (soprattutto se pesante), prima di praticare sport;
riposare almeno 8 ore al giorno per far recuperare bene l’organismo;
Si consiglia inoltre, per evitare la malattia da reflusso gastroesofageo, di evitare il più possibile fonti di stress (sia in famiglia che a lavoro) e, soprattutto, di perdere il peso in eccesso (che aumenta ancor di più la pressione intra-addominale). Ed è proprio qui che è racchiusa l’altra faccia della medaglia. Infatti, come sfogarsi e dimagrire senza svolgere una regolare attività fisica? Si tratta di una vera e propria contraddizione? Non proprio.
Al di là dell’associazione ambivalente tra sport e MRGE, quel che conta davvero è non arrivare mai ad abbandonare l’attività fisica a causa del fastidioso reflusso. Piuttosto modularla, senza esagerare, a seconda delle proprie condizioni e, sotto consiglio del proprio medico di fiducia, ricorrere (senza però abusarne) a specifici farmaci da banco, come:
gli antiacidi, che abbassano il PH gastrico;
gli inibitori di pompa protonica, che bloccano la secrezione acida;
i protettori della mucosa, che elevano una barriera protettiva;
i procinetici, che migliorano la motilità favorendo lo svuotamento e il transito esofageo e gastrico.
Se dopo un breve periodo di terapia con gastroprotettori non si ottengono risultati, oppure se ci sono anche sintomi “di allarme” come dimagrimento, debolezza, anemia, è necessario eseguire alcuni test diagnostici (come l’esame radiologico del tubo digerente, la gastroscopia, la manometria esofagea e la pH-impedenziometria delle 24 ore) ed agire di conseguenza, altrimenti, alla lunga, potrebbero verificarsi complicazioni con lesioni a livello dell’esofago. Solo in casi estremi si ricorre alla chirurgia per il trattamento del reflusso gastroesofageo.