La Polizia di Stato di Palermo ha ricordato – in occasione del 35esimo anniversario della morte – Antonino Cassarà e Roberto Antiochia, due figure simbolo della lotta alla mafia degli anni ’80, “contrassegnata – spiegano dalla Questura – dal sangue di chi, coraggiosamente, opponeva la sua fiera resistenza alla sopraffazione di Cosa Nostra”.
Antonino Cassarà, vice capo della Squadra Mobile di Palermo e l’agente Roberto Antiochia condivisero parte della loro vita professionale raggiungendo importanti successi nella lotta al crimine. Insieme trovarono anche la morte in viale Croce Rossa, quando furono abbattuti da una sventagliata di kalashnikov a pochi passi dall’abitazione del funzionario di Polizia dove Cassarà era atteso dalla moglie e dai figli.
“In quegli anni difficili e scomodi per gli uomini dello Stato, Antonino Cassarà rappresentò un naturale ed abituale interlocutore per i magistrati impegnati sul fronte dell’antimafia. Egli fu l’interlocutore per eccellenza della Polizia di Stato, garantendo una sicura e proficua collaborazione agli investigatori del “pool”, come Giovanni Falcone, impegnati nella lotta a Cosa Nostra”, spiegano ancora dalla Questura. Questa mattina, alle ore 9, alla presenza di autorità Civili e Militari, è stata deposta una Corona di alloro presso la stele marmorea che, dal 2019, sorge in piazza Giovanni Paolo II ad imperitura memoria dei due poliziotti. A seguire, una Santa Messa sarà celebrata presso la Chiesa del Santissimo Salvatore di Corso Vittorio Emanuele, dal Cappellano della Polizia di Stato, Padre Massimiliano Purpura.
Alla cerimonia erano presenti il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, il questore Renato Cortese e i rappresentanti delle forze dell’ordine. Presenti anche diverse associazioni, tra questa l’Associazione Nazionale della Polizia di Stato di Monreale.
“Così come ogni anno – ha detto Orlando – la città di Palermo ricorda con commozione questa data dolorosa, che rappresenta una ferita ancora aperta per tutti quelli che difendono i valori della legalità e della lotta alla mafia. Costa era un uomo che da sempre nella sua vita prima e durante l’esperienza in Magistratura, mostrò grande attaccamento ai valori della Giustizia e della Democrazia; valori che con grande fermezza e immenso coraggio portò avanti sacrificando la sua vita anche per l’isolamento che ne ha caratterizzato l’esperienza alla Procura di Palermo. Cassarà e Antiochia furono vittime di quel terribile anno in cui la mafia rispose con feroce violenza al lavoro investigativo e repressivo portato avanti dalle forze dell’ordine ed in particolare dalla Questura di Palermo, impegnata nella caccia ai latitanti. Anche grazie all’esempio e al sacrificio di questi uomini, cosi come quello di tutti gli altri che hanno avuto una visione di legalità e di giustizia, oggi Palermo ha inequivocabilmente scelto la strada del contrasto al crimine organizzato che non è più parte integrante del sistema di governo della città”.
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