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40 anni di silenzi e depistaggi: la Strage di Ustica ancora senza verità

Sono trascorsi 40 anni da quel maledetto 27 giugno 1980, quando, poco prima delle ore 21, il DC-9 Itavia, in volo da Bologna a Palermo, esce dai radar e precipita nel mare di Ustica. A bordo ci sono 81 persone, 4 uomini dell’equipaggio e 77 passeggeri tra donne, uomini e bambini. Due di loro hanno meno di due anni. E anche due monrealesi: Antonella e Giovanni Pinocchio. Nessuno sopravvive. Il relitto dell’aereo sarà ritrovato a 3.700 metri di profondità. Non subito ci si rende conto di quanto avvenuto quella sera. Non si parla subito di strage, ma per lungo tempo si crede al cedimento strutturale. Soltanto gli articoli di Andrea Purgatori sul “Corriere della Sera” aprono all’ipotesi della collisione.

Il 18 luglio 1980, sui monti della Sila, in Calabria, vengono ritrovati i resti di un caccia Mig 23 libico. Per anni si crede che sia caduto prima del 27 giugno, mentre oggi i magistrati ritengono che sia precipitato quel venerdì. Nel 1982 per la Commissione d’inchiesta ministeriale il DC-9 non ha subito un cedimento strutturale e una collisione in volo. Bisogna aspettare il 1986 perchè l’appello di alcuni parlamentari chieda di fare luce su quanto accaduto. L’avvio al recupero del relitto comincia il 29 aprile 1987. In quegli anni si alternano sospetti, silenzi e rivelazioni come quella del 6 maggio 1988 durante la trasmissione “Telefono giallo”, in onda su Rai3, quando un telespettatore rivela al telefono: “Ci fu ordinato di stare zitti”.

Il 22 febbraio 1988 nasce a Bologna l’Associazione parenti delle vittime della strage di Ustica, la cui presidente è ancora oggi Daria Bonfietti, sorella di Alberto. Sulla vicenda incombe lo spettro che quella notte volassero due caccia libici di scorta all’aereo di Gheddafi: gli americani avrebbero abbattuto il DC-9 nel tentativo di colpire l’aereo del leader libico. E’ questa l’accusa che Gheddafi rivolge agli Stati Uniti nel 1990. Nel 1992 vengono incriminati 13 ufficiali dell’Aeronautica: l’accusa è “attentato contro gli organi costituzionali e contro le assemblee regionali”, con l’aggravante di altro tradimento e falsa testimonianza. Nell’agosto 1999 il giudice Rosario Priore firma la “sentenza-ordinanza” con cui rinvia a giudizio 4 generali, Lamberto Bartolucci, Franco Ferri, Zeno Tascio e Corrado Melillo, e altri 5 ufficiali per i presunti depistaggi. Priore scrive che “il DC-9 è stato abbattuto con un’azione di guerra non dichiarata”.

Il 30 aprile 2004 la Corte d’Assise di Roma assolve i generali da tutte le accuse e due di loro, Bartolucci e Ferri, saranno definitivamente assolti in Cassazione tre anni più tardi. Cade anche l’alto tradimento. Nel 2008 la Procura di Roma riapre l’inchiesta dopo le parole di Francesco Cossiga che sostiene sia stato un caccia della Marina francese ad abbattere l’aereo. Il 10 luglio 2017, la Corte d’Appello di Palermo condanna Difesa e Trasporti a pagare 100 milioni alle famiglie. Poche settimane fa, grazie ad un’inchiesta di RaiNews, si è aggiunto un nuovo tassello in questa storia. Ripulendo l’audio del nastro della scatola nera del DC-9, sono state ricostruite le ultime parole di uno dei due piloti: “Guarda…cos’è?”. Per anni quella frase era rimasta a metà. Come la verità che tutti aspettano.

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