Maxi confisca di beni da parte della polizia che ha eseguito un Decreto di primo grado emesso, su proposta del Procuratore della Repubblica di Palermo, dal tribunale nei confronti di Andrea Impastato, 72enne nato a Cinisi. La confisca, per un valore complessivo di oltre 150 milioni di euro, è provento di attività illecite commesse da Cosa Nostra.
Le indagini patrimoniali, avviate dalla Divisione Anticrimine della Questura di Palermo – Ufficio Misure di Prevenzione Patrimoniali, coordinate dalla Procura della Repubblica, hanno permesso di ricostruire il patrimonio illecito di cui Impastato risultava poter disporre direttamente o indirettamente, anche attraverso l’individuazione della sua posizione economica e finanziaria sia sotto l’aspetto statico che dinamico. L’indagine è stata indirizzata principalmente alla verifica di eventuali profili di sproporzione esistenti tra il patrimonio disponibile e il correlato profilo economico e finanziario anche in relazione alla platea di prestanome e fiduciari, principalmente reclutati all’interno del suo nucleo familiare, che gli hanno consentito, nel tempo, di realizzare un “impero economico” costituito da numerose imprese operanti nel settore edile, in quello dei trasporti, dell’estrazione del materiale da cava, del turismo, da numerosi beni immobili. Tra questi, un intero complesso turistico – residenziale ubicato nella rinomata località marinara di San Vito Lo Capo (TP) ed un complesso immobiliare adibito a centro commerciale di oltre 50.000 metri quadrati a Carini, oltre a rapporti bancari e finanziari.
Andrea Impastato è figlio di Giacomo detto “u sinnacheddu”, esponente mafioso di spicco della famiglia di Cinisi, in costante relazione con i noti Badalamenti, e fratello di Luigi (cl. 43), già indiziato mafioso ed ucciso a Palermo a colpi d’arma da fuoco nel corso di un agguato di mafia il 22 settembre 1981.
Impastato viene arrestato il 2 ottobre 2002 per il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso al termine di una lunga indagine antimafia della Squadra Mobile di Palermo, volta a sradicare un sodalizio impegnato ad amministrare e gestire il patrimonio corleonese.
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Nello specifico le indagini, che hanno portato all’arresto di Impastato, hanno avuto origine da una certosina attività espletata nei confronti di Giuseppe Lipari (cl. 35), arrestato il 24 gennaio 2002, già noto alle Forze dell’Ordine in quanto, in passato era stato condannato in via definitiva per associazione mafiosa proprio per la sua vicinanza a Bernardo Provenzano. Le indagini hanno permesso di accertare come il Lipari fosse il principale referente degli interessi economici dell’allora boss latitante per conto del quale aveva amministrato il suo ingente patrimonio. Proprio dall’esame del materiale informatico sequestrato in casa del Lipari è emerso che Impastato era stato indicato da Provenzano come uno dei principali referenti attraverso il quale proprio Lipari avrebbe potuto ottenere appoggio nell’attività di amministrazione e gestione dei beni.
L’imponente attività di indagine sviluppata dalla Squadra Mobile di Palermo nelle operazioni antimafia culminate nell’arresto di centinaia di indiziati mafiosi e di numerosi latitanti ha fatto emergere una serie di contatti di Impastato, sia personali che economici, con numerosi personaggi di spicco di Cosa Nostra, quali Bernardo Provenzano e Salvatore Lo Piccolo. A giugno 2005 Impastato è stato condannato dalla Corte d’Appello di Palermo a 4 anni di reclusione, interdizione dai pubblici uffici per 5 anni, libertà vigilata per 1 anno.
Gli esiti degli accertamenti economico-patrimoniali sono confluiti nella proposta del Procuratore della Repubblica di Palermo per l’applicazione delle misure di prevenzione personale e patrimoniale a carico di Impastato nell’ottobre del 2007. Il 5 gennaio 2008 il tribunale di Palermo emetteva un provvedimento con il quale ha disposto il sequestro dell’ingente patrimonio riconducibile all’uomo, divenuto oggi oggetto di confisca. Trai i beni oggetto dell’importante misura e che tornano oggi proprietà dello Stato, emergono: una cava, complessi industriali di oltre 50 mila metri quadrati ed una grossa struttura alberghiera a San Vito Lo Capo.
I BENI OGGETTO DI CONFISCA: M.E.C. Mediterranea Edil Commerciale s.r.l con sede a Cinisi; IN.CA.S. Inerti Calcarei Sud srl. con sede a Montelepre; MEDI. TOUR srl con sede a Palermo; Prime Iniziative srl con sede a Carini; Paradais srl con sede a Montelepre; IMPRESA INDIVIDUALE IMPASTATO con sede a Montelepre; Icocem srl con sede a Montelepre.
Confiscati anche 40 appezzamenti di terreno edificabile e non, ubicati a Terrasini, Cinisi, Carini, Montelepre, Monreale, San Vito Lo Capo. Una cava per l’estrazione di inerti in contrada Ucciardo tra Carini e Montelepre. Un complesso industriale a Carini adibito centro commerciale di 50 mila metri quadrati, affittato ad una società di grande distribuzione estranea al procedimento. Un complesso industriale a Carini adibito alla preparazione di inerti e conglomerati cementizi. Un complesso industriale costitutito da più capannoni utilizzati per lo stoccaggio in loco di merci varie per conto di terzi nella zona industriale di Carini. Un complesso turistico residenziale “Calamancina Residence” a San Vito Lo Capo. Confiscati anche conti correnti, depositi postali e titoli.
Un commento a “Mafia, maxi confisca da 150 milioni a imprenditore: ‘Rapporti con Provenzano’”
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