Palermo

Ma quale atto d’amore… La banca chiede 110 mila euro a un imprenditore

“Dacci 110 mila euro entro dieci giorni, sennò ti facciamo inserire nella black-list“. Questa in estrema sintesi, la richiesta fatta dalla banca Creval, il Credito Valtellinese, ex Credito siciliano, a Francesco Massaro, giornalista e titolare della celebre pasticceria di Palermo. Che ha ricevuto in pieno lockdown la richiesta della banca di rientrare da un vecchio debito.

“Una richiesta inaudita e inammissibile – dice Massaro – Visto che con la banca c’è una causa per anatocismo in corso e vista la situazione in cui ci troviamo, chiusi senza guadagnare, se non pochi spiccioli, per l’emergenza sanitaria da coronavirus”. Massaro racconta la storia di questa causa. Lui oltre 25 anni fa, ha aperto un conto in quella che era il Credito siciliano, oggi Creval, Credito valtellinese. Un correntista di vecchia data e un imprenditore, come ce ne sono tanti, che lavora utilizzando spesso il fido e la scopertura. “Niente di strano – dice Massaro – Lo fanno molti imprenditori. Loro mi avevano fatto questa proposta e io avevo accettato”. Ma un giorno la banca gli chiede di rientrare da questo debito, che era poco più di 80 mila euro, presentando un conto di oltre 110 mila euro.

“A quel punto ho chiesto a un giudice se la richiesta della banca fosse legittima – racconta Massaro – e ho iniziato una causa per anatocismo, l’usura bancaria contro il Creval”. Tra consulenze e deposizioni, dopo circa tre anni era attesa proprio in questi giorni la sentenza. E invece, in pieno lockdown, Massaro riceve la lettera della banca che gli intima di ripagare il debito: “Una tempistica moralmente inaccettabile – dice Massaro – Qui è tutto fermo. I miei dipendenti sono in cassa integrazione, io non riesco a pagare gli affitti e la banca vuole tutti questi soldi. È un po’ come chiedere questi soldi a un paziente che lotta fra la vita e la morte. In ogni caso credo che la banca non potesse inviare questa lettera, visto che c’è una causa in corso che, di fatto, ha cristallizzato tutto”. Secondo Massaro, la consulenza d’ufficio disposta dal giudice avrebbe stabilito un tasso di interessi inappropriato. “Nella peggiore delle opzioni accertate dal Ctu la mia azienda resterebbe debitrice nei confronti della Crevel di 21 mila euro, molto ma molto meno dei 109 mila euro richiesti – spiega l’imprenditore – E vi dirò di più: sto valutando con il mio legale di denunciare la banca per tentata estorsione”.

Ma secondo Creval, interpellata da Agi, nel suo racconto Massaro ha “omesso alcune importanti informazioni che hanno indotto la banca, ben prima dell’emergenza Coronavirus e con precisione nel febbraio 2017, alla messa in scadenza dell’affidamento. Riteniamo inopportuna qualsiasi strumentalizzazione della drammatica situazione che il Paese e la classe imprenditoriale italiana stanno vivendo, in particolare quelle aziende meritevoli a cui la Banca ha infatti deciso di concedere una moratoria sui prestiti”. Una spiegazione a cui Massaro replica così: “A loro faccio tre domande – conclude Massaro – La banca può chiedere il rientro immediato della scopertura durante una causa in corso? Può minacciare l’iscrizione alla centrale rischi della Banca d’Italia durante una causa in corso? È moralmente accettabile che questo tipo di intimazione venga fatta mentre aziende come la mia si trovano a fronteggiare una crisi senza precedenti e che lottano per la sopravvivenza? Non c’è da parte mia alcun tentativo di strumentalizzazione, mi pare che i fatti si commentino da soli”.

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