Regione

Primo maggio, i vescovi siciliani al Governo: “Dimenticati i più deboli”

Il messaggio dei vescovi italiani per la festa del 1° maggio 2020 sul tema: “Il lavoro in un’economia solidale” ci ricorda che l’emergenza seguita alla diffusione del Covid-19 ci sta insegnando che le vicende dell’esistenza rimescolano le carte a volte in maniera improvvisa, rivelando la nostra realtà più fragile. Ci ha fatto comprendere quanto è importante la solidarietà, l’interdipendenza e la capacità di fare squadra per essere più forti di fronte a rischi ed avversità.

L’Ufficio Regionale per i Problemi Sociali e il Lavoro, la Giustizia, la Pace e la Salvaguardia del Creato della Conferenza Episcopale Siciliana, in continuità con il messaggio dei vescovi italiani e tenuto conto delle specificità della nostra Regione desidera offrire una propria riflessione. Ci muove l’attenzione ad ogni persona con la sua dignità ed i suoi diritti, nella prospettiva indicata dalla dottrina sociale della Chiesa.

La pandemia del Covid-19 ha fatto emergere, anche in Sicilia, le fragilità dei sistemi dello stato sociale che dovrebbero assicurare la tutela dei più deboli. A partire dalla sanità che, messa a dura prova, ha mostrato i suoi problemi strutturali di carenza di personale, di mezzi e di strutture. Problemi che si sono tradotti in lunghe attese per avere gli esiti degli esami oppure per i ricoveri. Sono situazioni che dimostrano come nella nostra Regione, solo grazie al basso numero di contagi le conseguenze drammatiche della pandemia sono state più contenute rispetto a quelle viste in altre parti del Paese.

Il sistema economico, già provato da annosi problemi strutturali, sta mostrando la sua fragilità laddove un gran numero di persone (lavoratori irregolari, in nero o persone la cui condizione non rientra nelle previsioni normative) rimangono totalmente escluse dalle misure di supporto al reddito messe in campo dalle istituzioni pubbliche, esposte alle violente conseguenze della crisi economica. D’altro canto, anche l’applicazione in tempi rapidi e con procedure amministrative il più possibile snelle diventa la condizione essenziale per non cadere in povertà, nelle mani dell’usura e dell’organizzazione criminale mafiosa o per non dover chiudere definitivamente le piccole attività di lavoro autonomo.

Il coronavirus ha lasciato emergere una bruciante e spinosa realtà sulla quale non possiamo più tacere o tentare deliberatamente di insabbiare la verità. Il mondo del lavoro sommerso in Sicilia è stato per numerose famiglie fonte di sostentamento economico consentendo temporaneamente di non emigrare. Decisi a restare, a non tagliare le radici affettive dalla loro terra, in tanti offrono manodopera a basso costo pur di allungare il guadagno per arrivare a fine mese. Tutta una vasta fascia sociale vittima silenziosa di sfruttamento, di illegalità, di privazione di ogni diritto fondamentale e di ogni possibile riconoscimento legato al mondo del lavoro, del turismo, dell’assistenza agli anziani. Tante vite che potrebbero finire nel baratro dell’indigenza.
Di tutte queste persone la Chiesa ascolta il grido di dolore e fa appello alle umane istituzioni affinché si mettano al servizio della dignità e del fine dell’uomo, rimuovendo gli ostacoli legislativi o burocratici che creano differenze ed impediscono alle persone di vivere in condizioni di certezze per il presente e di speranza per il futuro. C’è il rischio che chi è ai margini resti sempre più escluso nell’indifferenza generale. Tutti gli uomini, creati ad immagine di Dio, hanno uguale dignità e pertanto non possono ammettersi discriminazioni che comportino per alcuni una condizione di indigenza o di illegalità. Per evitare tutto ciò, l’azione delle istituzioni deve essere pienamente al servizio della persona e deve puntare a ridurre le diseguaglianze e le condizioni di servitù, rendendo l’uomo attore responsabile del proprio futuro, tanto sul piano materiale quanto su quello spirituale. Solo così le istituzioni danno luogo ad una solidarietà che non diventa assistenzialismo.

La solidarietà deve ispirare non solo l’agire delle istituzioni ma anche i comportamenti dei singoli, di tutti coloro che si trovano ad operare per il bene comune, perché tutti siano veramente responsabili di tutti. Ognuno, dunque, deve fare ciò che è nelle proprie possibilità affinché sia alleviata la sofferenza degli altri, sovvenendo prima il bisogno del momento – come sta accadendo con l’impegno di tantissimi volontari ed operatori della carità – quindi, in particolare se si svolgono funzioni pubbliche, facendo tutto ciò che è nei propri doveri e nelle proprie possibilità per accelerare la ripresa del lavoro e dell’economia. Prendendo ad esempio le condotte esemplari ispirate all’altruismo e al senso del dovere tenute dagli operatori sanitari nei giorni più difficili della pandemia, così anche nel difficile contesto economico e sociale che ci attende, ciascuno dovrà dare la disponibilità, in senso evangelico, a “perdersi” a favore dell’altro invece di sfruttarlo, e a “servirlo” invece di opprimerlo per il proprio tornaconto.

La concreta prospettiva di una crisi economica conseguente alla pandemia ci interroga sul come si dovrebbero caratterizzare le scelte future. In Evangelii gaudium, Papa Francesco ricorda a tutti che “la dignità di ogni persona umana e il bene comune sono questioni che dovrebbero strutturare tutta la politica economica” per un vero sviluppo integrale. Ed è con la reale attuazione, nel loro autentico significato, di parole quali etica, solidarietà mondiale, distribuzione dei beni, difesa dei posti di lavoro, dignità dei deboli, impegno per la giustizia che si potrà ricostruire la nostra Sicilia come autentica “casa comune”. Occorre che il nostro essere seminatori di speranza si leghi all’essere educatori della speranza. Insegnando e testimoniando che la legalità è una delle vie principali da percorrere per trovare e abbracciare la speranza.

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