Cronaca

Né i 600 euro né cassa integrazione: “Divido i miei pochi soldi coi dipendenti”

“Ad oggi non hanno pagato né i 600 euro, né la cassa integrazione, nessuno verrà lasciato indietro, dicevano. L’ultimo stipendio dei collaboratori è del 29 febbraio, sono chiaramente senza soldi per la spesa, quindi che si fa? La banca mi ha restituito la rata del prestito di fine marzo e si gira ai collaboratori. Viva l’Italia”.

Sono le parole di uno dei tanti imprenditori italiani che stanno affrontando in questi giorni una delle crisi più grandi della storia italiana. La crisi economica causata da un’altra grande emergenza: quella del Covid-19. I negozi, le attività commerciali e le aziende si fermano, ma le spese e le bollette da pagare no. Da un punto di vista territoriale è al Sud che si ha la maggiore concentrazione di disagio con una incidenza, tra i lavoratori dipendenti temporaneamente senza lavoro, dei monoreddito e degli imprenditori costretti a chiudere la aziende.

I 600 euro promessi dal Governo, sono una goccia nell’oceano. “Siamo fermi da oltre un mese – spiega il giovane imprenditore monrealese – sulle spalle ho tre collaboratori, le spese delle mie attività e quelle per la mia famiglia. E lo Stato ci promette 600 euro. Non bastano neanche a pagare le bollette”. E spiega anche che non è ancora stata accreditata la cassa integrazione per i suoi dipendenti. “Divido tutto con loro – ci dice – la banca mi ha bloccato il mutuo e restituito la rata che era andata in pagamento. Non ho tenuto nulla, ho diviso i soldi ai miei collaboratori”.

Da alcuni giorni intanto è possibile presentare il modulo per la richiesta di garanzia dei prestiti fino a 25.000 euro. Il beneficiario dovrà compilare e inviare per mail (anche non certificata) la richiesta alla banca o al confidi al quale si rivolgerà per richiedere il finanziamento. Un finanziamento appunto, che commercianti e imprenditori dovranno restituire con gli interessi (anche se bassi). Chiede a coloro che garantiscono milioni di lavoratori di indebitarsi ancora di più, per pagare i debiti che hanno già sulle spalle.

Non se la passano meglio i dipendenti. La cassa integrazione ordinaria è stata richiesta da 300.000 imprese per un totale di circa 4,5 milioni di lavoratori. Ma quasi la metà degli importi, è stata anticipata dai datori di lavoro mentre la parte restante dovrebbe essere pagare entro 30 giorni.

La sospensione, anche se temporanea, delle attività produttive per fronteggiare l’emergenza sanitaria del Covid-19 ha, fra le altre cose, causato per 3,7 milioni di lavoratori il venir meno dell’unica fonte di reddito familiare. Ad essere più colpite sono le coppie con figli (1.377 mila, 37%) e i genitori soli (439 mila, 12%) con il rischio di non riuscire a fronteggiare le spese quotidiane. È quanto emerge dall’analisi della Fondazione studi consulenti del lavoro Covid-19: aumentano le famiglie in ristrettezza economica.

Secondo la Fondazione si tratta di un dato “preoccupante” se si considera che ben il 47,7% dei lavoratori dipendenti dei settori che hanno chiuso guadagnava meno di 1.250 euro mensili e il 24,2% si trova addirittura sotto la soglia dei mille euro. Ad essere coinvolta, oltre ai ceti più deboli a rischio (o già in) povertà, è anche la vasta platea di lavoratori a reddito medio-basso, per la quale l’assenza di reddito anche per un solo mese può determinare una situazione di grave disagio. Tra gli altri profili sociali in bilico, poi, i giovani (oltre il 60% della popolazione 25-29 anni abitualmente non supera i 1.250 euro), mentre da un punto di vista territoriale è al Sud che si ha la maggiore concentrazione di disagio con una incidenza, tra i lavoratori dipendenti temporaneamente senza lavoro, dei monoreddito, pari al 49,6% (contro il 35,2% dei residenti del Centro e il 34,3% del Nord Italia).

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