Prestiti con interessi che potevano arrivare anche al 520%. Si è conclusa con due arresti, 5 indagati e il sequestro di beni per 5 milioni di euro, l’operazione “Papillon” dei finanzieri del secondo Nucleo operativo metropolitano del gruppo di Palermo.
Coordinati dalla procura di Palermo, i militari hanno eseguito due misure cautelari, di cui una in carcere ed una ai domiciliari, emesse dall’Ufficio del giudice per le indagini preliminari nei confronti di due palermitani residenti a San Cipirello, nel Palermitano, S.S. e S.A, rispettivamente padre e figlio. I due sono accusati del reato di associazione a delinquere finalizzata all’usura, estorsione, utilizzo ed emissione di fatture per operazioni inesistenti e abusiva attività finanziaria. Risulta indagata in concorso anche la compagna di S.A.. Sono stati inoltre sottoposti a sequestro 7 immobili, 3 aziende e auto e beni di lusso per un valore stimato di oltre 5 milioni di euro. Complessivamente sono 5 le persone indagate nell’ambito dell’inchiesta giudiziaria.
A dare il via all’indagine è stata la denuncia di un imprenditore che, stretto dalle pressanti richieste usurarie, ha deciso di raccontare ai finanzieri che, a fronte di prestiti per 450 mila euro, ha dovuto restituire in un anno circa 1 milione euro. Le conseguenti indagini delegate dalla procura della Repubblica di Palermo ed eseguite dalle fiamme gialle mediante intercettazioni, pedinamenti nonché l’analisi di una notevole documentazione contabile, extracontabile e bancaria, hanno permesso di ricostruire un giro di affari milionario alimentato da prestiti usurai, che in talune circostanze hanno superato anche il 520 per cento annuo: circa 20 le vittime accertate, identificate prevalentemente in imprenditori operanti a Palermo e nella provincia.
Secondo uno schema consolidato nel tempo, i prestiti venivano effettuati avvalendosi delle aziende riconducibili agli usurari stessi, tutte esercenti attività di rivendita di materiali per edilizia, i cui conti correnti erano utilizzati sia per erogare il prestito che per l’incasso delle relative rate, avendo cura però di produrre fatture per operazioni inesistenti – quantificate in oltre 1 milione di euro – per giustificare i flussi finanziari. In altri casi, invece, le vittime si rivolgevano direttamente agli usurai, noti nel territorio per la loro attività criminale, per ottenere prestiti di ingenti somme in contanti, rilasciando a garanzia assegni in bianco.
“L’attività – spiegano dal Comando – si inquadra nell’ambito della costante azione di polizia economico-finanziaria attuata dalla Guardia di finanza, in stretta collaborazione con la procura delle Repubblica di Palermo, a contrasto dei più insidiosi fenomeni di criminalità commessi ai danni dei cittadini e a tutela degli imprenditori che operano nel rispetto della legge”.
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