Monreale e Pisa. Legate da un personaggio. Oggi, infatti, si sarebbe il risolto sul misterioso autore della torre di Pisa. Che sarebbe Bonanno Pisano, scultore e bronzista attivo nell’ultimo quarto del XII secolo, autore delle porte bronzee della Cattedrale di Pisa e di quella di Monreale. La scoperta è stata fatta da Giulia Ammannati, ricercatrice di paleografia alla Scuola Normale di Pisa e pubblicata nel libro “Menia Mira Vides. Il Duomo di Pisa: le epigrafi, il programma, la facciata” (ed. Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali, Pisa-Roma).
La notizia viene riportata oggi da La Nazione di Pisa. La firma di Bonanno si trova su una matrice in pietra (destinata ad accogliere lettere bronzee) ritrovata nel 1838 durante alcuni scavi intorno alla Torre e che per anni era stata ritenuta la lastra sepolcrale dello scultore perchè riportava la scritta “Bonannus civis Pisanus“. Queste erano le uniche tre parole chiaramente decifrabili. Il recente studio della Ammannati, invece, integra e ricostruisce il testo corrotto che, si scopre, era stato redatto in forma poetica. Si tratta infatti di due esametri in latino: mìrificùm qui cèrtus opùs condèns statui ùnum, Pìsanùs civìs Bonànnus nòmine dìcor, (“Io che sicuro ho innalzato, fondandola, un’opera mirabile sopra ogni altra, sono il cittadino pisano chiamato Bonanno”).
La ricerca della normalista riabilita quanto scritto da Giorgio Vasari che, nelle Vite, attribuiva la fondazione del Campanile di Pisa a Bonanno e a Guglielmo. Un’altra importante novità è che, dei monumenti della piazza dei Miracoli, proprio il più famoso, cioè il Campanile pendente, era rimasto per secoli senza un autore. Della Cattedrale, del Camposanto e del Battistero, infatti, si conoscono le firme dei diversi architetti e scultori che si succedettero. Secondo la ricercatrice, “la cattiva stella sotto cui nacque il campanile non dovette incoraggiare l’architetto a legare il suo nome a quel palese fallimento”, e così, non appena fu interrotto il cantiere della Torre che già aveva iniziato a pendere, quella matrice “fu abbandonata fra i materiali di cantiere e i detriti ai piedi dell’opera”.
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