“Sono super contento che Crippa abbia battuto il mio record e spero che il prossimo anno migliori anche quello sui 5.000 però fatemi un favore, basta critiche: lui è un italiano. E’ di colore, bene, ma è italianissimo anche se le origini sono etiopi e se veramente mi volete bene dovete accettare questa cosa perchè altrimenti mi fate del male. Totò non c’è più, Totò è scomparso, Totò risale a 30 anni, io sono fuori dall’atletica, fuori dalla federazione perchè sono malato”.
Salvatore Antibo, lo straordinario mezzofondista siciliano di Altofonte capace di trasformare i monotoni 10.000 metri su pista dell’atletica leggera in uno spettacolo, parla, lanci appelli e si racconta in un’intervista alla Gazzetta dello Sport che lo ha contatto per un commento dopo il primato nazionale dei 10.000 battuto da Yeman Crippa ai Mondiali in Qatar.
“I record devono essere fatti per essere battuti, ma non valgono nulla davanti alle medaglie – spiega ancora Antibo all’Agi – Tortu ha tolto il record a Mennea, vogliamo mettere la differenza che c’è tra Tortu e il mio amico Pietro che ha vinto tutto? Ai Mondiali non è stata una grande Italia e basta complimenti solo a Tortu e Tamberi, io li faccio alla Giorgi che ha marciato per 50 chilometri a 45 gradi di caldo. Loro erano dentro allo stadio con poco più di 20 gradi. E la ragazza? Lei sì che la medaglia, l’unica, l’ha portata”.
Tornando al passato, Totò che all’epoca era allenato da Gaspare Polizzi, ricorda le tante gare, le tante sfide, le medaglie, la malattia. “Io che arrivavo da Altofonte, un paesino all’epoca di 5.000 abitanti e il ricordo più bello è aver girato il mondo. Non guardo tanto alla doppietta di Spalato ’90 (5.000-10.000), certo bella, ma ho perso anche diverse medaglie come a Tokyo nel 1991 che ero il grande favorito e poi è arrivata la crisi epilettica che mi ha costretto di fatto a chiudere la carriera. Nel 1992 imbottito di farmaci per l’epilessia sono ancora arrivato quarto alle Olimpiadi di Barcellona. Anche a Los Angeles nel 1984 persi la medaglia dei 10.000 solo perchè avevo corso con un paio di scarpe nuove tanto da finire in ospedale. Nella mia carriera sono stato tanto sfortunato – aggiunge – ma resto l’unico italiano ad aver vinto in Coppa del mondo”.
Alla domanda se gli piacessero di più i 5000 o i 10.000, Antibo risponde, “entrambi ma amavo i 10.000” aggiungendo che “la sfida sui 10.000 con Skah a Oslo (luglio 1991, ndr) è stata considerata la più bella della storia su questa distanza”. L’ex campione siciliano parla poi della malattia, l’epilessia, e dice: “Non c’è nulla da fare, la porterò con me per tutta la vita con la speranza che un giorni arrivi un farmaco che possa solo migliorarmi le condizioni ma devo sempre avere una persona accanto perchè se cadi a terra rischi di morire”.