Finalmente, a cinque anni dalla tragedia, si apre un barlume di giustizia per i familiari di Fulvio Maiorca, 54 anni, palermitano, residente a Maiorca, deceduto a causa di un terribile incidente stradale (ne parlavamo in questo articolo). All’esito dell’udienza preliminare tenutasi ieri, accogliendo la richiesta della Procura e respingendo quelle di non luogo a procedere dei legali degli imputati, il giudice del Tribunale di Termini Imerese, Stefania Gallì, ha rinviato a giudizio per il reato di omicidio colposo in concorso il conducente e la proprietaria del carro attrezzi, risultato non in regola, contro cui si è schiantata la vettura della vittima. La mamma e la sorella, che si sono affidate a Studio 3A, nel corso dell’udienza si sono costituite parte civile per il tramite del loro penalista, Andrea Piccoli. Il processo comincerà ad entrare nel vivo nella prossima udienza, fissata per l’8 ottobre 2019.
Il sinistro è successo il 9 settembre 2014, alle 16, sull’autostrada A19 Catania-Palermo, in direzione Palermo, in prossimità di Bagheria. Quel giorno il traffico era intenso, c’erano rallentamenti, e A. M., oggi 67 anni, di Palermo, alla guida di un carro attrezzi, si è accodato agli altri veicoli fermi. Maiorca, che sopraggiungeva nello stesso senso di marcia con la sua Renault Megane, non si è accorto in tempo dei mezzi incolonnati e ha tamponato il veicolo adibito a soccorso stradale. Poteva essere un banale tamponamento, A. M. è uscito illeso, ma purtroppo la forca retrattile del carro attrezzi, non essendo bloccata, con l’urto si sarebbe svincolata dal suo alloggiamento ed è penetrata come una lama nell’abitacolo della vettura, con conseguenze letali per il suo conducente, morto sul colpo.
La Procura di Termini Imerese ha aperto un procedimento penale e iscritto nel registro degli indagati per il reato di omicidio colposo in concorso, oltre al conducente del mezzo di soccorso stradale, la sua proprietaria, C. B., oggi 56 anni, di Altofonte. Le attenzioni degli inquirenti, infatti, si sono concentrate sul dispositivo del carro attrezzi che non si sarebbe dovuto “aprire” in quel modo, come peraltro fin da subito lamentavano i familiari della vittima: la sorella e la mamma, per fare piena luce sui fatti e sulle responsabilità e ottenere giustizia, tramite la consulente personale Daniela Vivian, si sono affidate a Studio 3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, e ad Andrea Piccoli, del Foro di Treviso.
Il Pubblico Ministero titolare del fascicolo, Annadomenica Gallucci, ha disposto una perizia cinematica per accertare la dinamica del sinistro e verificare, tre l’altro, la regolarità e il funzionamento della forca retrattile, incaricando l’Ing. Francesco Pace. E le conclusioni del Ctu hanno confermato le gravi lacune del dispositivo; perciò, a conclusione delle indagini preliminari, il Sostituto Procuratore ha chiesto e ora ottenuto il rinvio a giudizio dei due indagati, “per colpa consistita in negligenza, imprudenza e imperizia”.
Il Pm ha contestato la violazione dell’art. 140 del Codice della Strada, a norma del quale “gli utenti devono comportarsi in modo da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione e in modo che sia in ogni caso salvaguardata la sicurezza stradale”, con riferimento appunto all’installazione nel mezzo tamponato del dispositivo “forca retrattile” per il trasporto di veicoli sollevati sull’asse anteriore, “che però non era bloccato con l’apposito perno, avente funzione strutturale di barra para-incastro. Inoltre, la Procura evidenzia la violazione dell’articolo 12, comma 4, punto e) dell’appendice IV del regolamento di esecuzione del Codice della Strada, “che prevede che, nei veicoli ad uso speciale di soccorso stradale, il dispositivo anti-incastro non è obbligatorio se alla funzione supplisce la presenza eventuale di una trave portastabilizzatori od altro dispositivo analogo purché presenti la faccia anteriore a superficie piana, risponda al dimensionamento prescritto dalla normativa specifica in vigore e ad esso non risulti agganciato a sporgere alcun organo dell’attrezzatura dell’allestimento”. Tutti requisiti che nello specifico mancavano.
Dopo l’urto della Renault, con la sua parte antere-laterale sinistra, contro la parte destra della forca retrattile installata a tergo del veicolo per il soccorso stradale, “il dispositivo, non essendo bloccato, si svincolava dall’alloggio – descrive la tragica sequenza il Pm -, ruotava rispetto al punto fisso e consentiva l’incunearsi del mezzo del Maiorca sotto al piano di carico di quello del carro attrezzi, in corrispondenza della relativa pedana carrabile destra, dove (l’auto) penetrava fin oltre il montante anteriore sinistro del proprio tetto e, da lì, ruotava con la parte posteriore in senso antiorario, si sfilava da sotto il piano di carico e, infine, scartava sulla corsia di emergenza”. Un fine orrenda. Ed evitabile.