Leggo con forte impressione di disagio le notizie che riguardano i maltrattamenti e le vicissitudini di tanti animali maltrattati, investiti, avvelenati, massacrati, uccisi in combattimenti clandestini, picchiati a morte, affamati, non curati e persino trattati da materia elettorale. Mi crea un profondo malessere vedere candidati alle elezioni blaterare di argomenti come l’ animalismo o la protezione degli animali con argomenti a volte banali, a volte frutto di approssimazione o, diciamo così, di profonda ignoranza del fenomeno. Ma l’ ignoranza del fenomeno è secondo me la prima figlia dell’assoluto disinteresse dei cosiddetti candidati alla vita pubblica nei confronti del fenomeno.
E’ facile ciarlare, indignarsi (fare finta) gridare un interesse mai posseduto nei confronti degli animali, scoprirsi improvvisamente paladini del cane investito, dei cani avvelenati, picchiati, etc… e presentarsi al pubblico come i veri, possibili solutori dell’ annoso problema. Le strategie proposte? Affidare un bene di mafia a non si sa quale associazione, che penserà, a sue spese e mettendo a disposizione anche il lavoro e l’ impegno dei volontari (quali?) a riattare i locali, sicuramente semi o totalmente distrutti o vandalizzati, forse persino abusivi (lo vedete voi il mafioso di turno che chiede permessi ed autorizzazioni per costruire un immobile?) con caratteristiche e requisiti igienici e urbanistici stringenti e difficilmente realizzabili.
Sanno i nostri generosi improvvisati paladini che una struttura che ospita animali è considerata ai fini urbanistici e sanitari impianto assimilabile a strutture di allevamento animale e come tale considerata industria insalubre che può essere impiantata lontano da nuclei abitati per un raggio di almeno 5oo metri, che necessita di attrezzature specifiche, locali idonei, e altre millanta caratteristiche amministrative tipiche della burocrazia italiana soggetta a leggi statali, regionali, regolamenti e piani urbanistici comunali (se esistenti)? Sanno quanto costa una convenzione (da stipulare) con un privato disposto a fornire il servizio o hanno idea dei costi che il comune dovrebbe affrontare per reggere una tale attività? Sanno come, quando e dove trovare i fondi necessari per gestire (senza interruzioni) il servizio?
Si sono preoccupati o si preoccuperanno di formare gli organi addetti alla vigilanza (guardie di polizia comunali o figure assimilate) in grado di assistere e organizzare con tempestività ed efficacia l’assistenza al cane investito, avvelenato, torturato, abbandonato nell’ambito di una sorta di rete di intervento nella quale tutti hanno una funzione e sanno con certezza cosa fare? Si riuscirà finalmente a superare l’odiosa frase “non è di nostra competenza” che è la logica fine del giro delle sette chiese alla ricerca di qualcuno a cui affidare la camorria, la cura e il costo (anche emotivo) dell’ennesimo cane ritrovato quasi o completamente morente, smarrito, insanguinato, malato, etc…
Come pensare di risolvere il problema dato che molti dei candidati attuali, occupano o hanno occupato negli ultimi venti anni diverse, anche alte cariche ma non hanno mai proposto seriamente un qualche intervento e si ritrovano tra quelli che propongono, nella immantinenza del momento, irrealizzabili soluzioni usa e getta da utilizzarsi poco prima o durante le campagne elettorali. Si badi bene parlo degli ultimi venti anni in quanto la legge regionale che recepiva una specifica legge nazionale del 1991 che riguardava il randagismo è dell’ anno 2000. Parlerò a breve anche della presunta bontà della soluzione rifugio canile che non fa altro che confinare i cani in stato di abbandono in alcuni casi permanente facendo loro scontare una sorta di ergastolo inconsapevole, pur essendo, per definizione, esseri innocenti. Continua nei prossimi giorni…