Gli arresti di oggi di Pietro e Angelo Cannarozzo svelano inquietanti retroscena sugli incendi boschivi dell’estate 2017. Pietro Cannarozzo è stato un operaio del Servizio antincendio dell’azienda foreste e territorio della regione siciliana. Insomma un forestale che invece di tutelare e salvaguardare i boschi gli dava fuoco.
Una pratica che purtroppo si ripete ogni estate a causa anche dei venti e delle temperature alte. Quello che è emerso dalle indagini di oggi dei militari della compagnia di Monreale è il modus operandi dei due. Nelle intercettazioni il figlio parlava al padre di come e dove bruciare per alimentare ancora di più le fiamme, senza preoccuparsi delle conseguenze che le fiamme potevano avere alle case: “Che minchia mi interessa a me – dice Angelo Cannarozzo nell’intercettazione choc -. Che è casa mia?”, parole durissime che con il sennò di poi fanno ancora più male. E a ricordare quella terribile estate sono proprio i residenti della zona, costretti per giorni a sopportare la puzza di fumo e l’odore di acre nell’aria. Il primo incendio è datato 18 giugno 2017, nel vallone alle spalle della via Torrente d’Inverno. In quell’occasione sono andati distrutti 5000 metri quadrati di vegetazione. “Quando si brucia devo essere da solo – Angelo al padre Pietro -. Non voglio nessuno accanto a me”.
Gli altri incendi si sono verificati nel mese di luglio. Il primo è stato giorno 13. Poi quattro giorni dopo, un altro incendio: era il 17 e la zona interessata era quella di Piano Geli sempre nel comune di Monreale. L’ultimo è stato il 25 luglio. Ed è proprio nell’ultimo incendio che le fiamme lambirono le case.