Sistema Montante, il cerchio magico e un modo di fare politica che non cambia

Redazione

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Sistema Montante, il cerchio magico e un modo di fare politica che non cambia
La relazione della Commissione antimafia Ars sul sistema Montante svela retroscena sui rapporti politici e su un governo parallelo a quello originale.

20 Marzo 2019 - 08:58

Dieci mesi di intenso lavoro, 49 audizioni fra dirigenti politici nazionali, funzionari regionali, giornalisti, giudici, parlamentari, ex ministri e la ricostruzione di un sistema corruttivo che ha svelato come funzionava nello specifico il cosiddetto “sistema Montante“. Una rete di favori che ha permesso di tenere in piedi interessi personali e un sistema di corruttela che ha fatto fare carriera a molti.

La relazione in 121 pagine disegna: “un quadro assai poco rassicurante che descrive minuziosamente la capacità dell’inner circle di Montante di dare forma ad un governo parallelo che ha avocato a sé per molti anni gli aspetti più strategici della governance della Regione, arrivando condizionare (o, quantomeno, a tentare di farlo) processi decisionali, amministrativi e di spesa. Come in occasione dell’Expo 2015 o, ancora, della nascita dell’IRSAP: un paradiso delle consulenze il primo, nato da un protocollo d’intesa tra il Montante, nella qualità di presidente di Unioncamere Sicilia, e l’allora assessore alle Attività Produttive, che era un suo funzionario in Confindustria; una cabina di regia unica, il secondo, sulla quale il cerchio magico aveva puntato le proprie ambizioni”, scrive il presidente della Commissione Ars antimafia Claudio Fava.

“Attraverso – prosegue la relazione – un circuito di compiacenze, reticenze, distrazioni e protezioni che hanno attraversato tutte le istituzioni dello Stato e delle professioni, fino ai loro livelli apicali”. Insomma il sistema disegnato da Montante era una sorta di metodo che la commissione definisce militare ”di asservimento della funzione pubblica ad interessi privati o elettorali attraverso la forzatura delle procedure, la sistematica violazione delle prassi istituzionali, l’umiliazione della buona fede di tanti amministratori, l’occupazione fisica dei luoghi di governo, la persecuzione degli avversari politici, fino al vezzo di una certa “antimafia” agitata come una scimitarra per tagliare teste disobbedienti e adoperata come salvacondotto per se stessi attraverso un sillogismo furbo e falso: chi era contro di loro, era per ciò stesso complice di Cosa nostra”.

Altro obiettivo, non meno importante, dell’inchiesta è stato quello di far luce sui rapporti tra il Sistema Montante e alcuni giornalisti: quelli da cooptare al servizio del cerchio magico e quelli da osteggiare, anche con mezzi palesemente illeciti, perché rei di voler fare semplicemente il proprio mestiere.

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