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L’importanza del gioco responsabile. Comunicazione e informazione diventano fondamentali

Cultura del gioco e gioco responsabile. Sono queste le due parole chiave del momento. Due obiettivi che viaggiano in parallelo e che devono essere raggiunti senza atteggiamenti drastici, misure occlusive, provvedimenti proibizionisti.

Un modo per svilupparli è allora sicuramente una buona comunicazione, senza la quale il gioco online sarebbe come “una stanza buia in cui una persona con gli occhi bendati entra e afferra il primo oggetto che gli capita oppure che inciampa magari facendosi male”. Parole e metafora sono di Laura D’Angeli, esperta di Gaming e fondatrice della BU Gamification, che parla in questi termini dell’utenza che entra in internet senza forma di mediazione, senza guida e senza indirizzo, perdendo la bussola nell’infinità delle piattaforme e dei siti presenti nella Rete. Girando a vuoto, facendo tentativi. Fino ad incappare nel gioco illegale.

“Il consumatore può essere responsabile – spiega ancora in un’intervista pubblicata su Gaming Report – solo se adeguatamente informato, ad esempio, attraverso l’uso di specifici strumenti come: il marketing sociale, l’educazione nelle scuole (per i minorenni) e la formazione dei medici di famiglia e dei pediatri di libera scelta sui temi del Dga”. La D’Angeli parla espressamente di “comunicazione”, non di “pubblicità”, visto il vero e proprio bando di questa parola e di questo trattamento proposto dal recente Decreto legge Dignità. Un altro sistema proibizionista i cui effetti sono tutti da verificare.

Lo conferma anche Eric Berne, psicoterapeuta di fama internazionale, che fornisce spiegazioni su come l’inconscio e il cervello si proiettino verso l’esperienza del gioco d’azzardo. E soprattutto su come la nostra mente, “nata libera”, rifiuti tutti gli “assoluti” proposti dall’alto. La personalità, stando alla sua teoria, viene suddivisa in tre fasi onnipresenti: il bambino, il genitore e l’adulto. Una personalità equilibrata possiede queste tre fasi come posizionate su di un triangolo equilatero. Tanto più la componente infantile è cresciuta in “regime di anarchia o in repressione”, tanto più esploderà col suo bisogno di fare del gioco il punto della vulnerabilità.

Tra le altre proposte occlusive e proibitive c’è poi sicuramente quella del distanziometro. Lo sanno bene in Emilia Romagna, dove l’Associazione Sapar, Servizi Apparecchi per le Pubbliche Attrazioni Ricreative ha portato l’argomento in Regione. “Una misura inutile e inattuabile. Non vogliamo assolutamente negare e ignorare il problema del gioco patologico – ha sottolineato il vicepresidente Eugenio Bernardi in una nota pubblicata sul sito dell’Associazione – ma non è stato affrontato nella maniera corretta questo disagio: occorre educare al gioco, qualsiasi esso sia. Il vizio del gioco è antico. Proibire non risolve. Serve educare all’uso del libero arbitrio. Tutto qui”.

Invece di proibire, la soluzione è istruire. Attraverso una comunicazione studiata e responsabile, centrata sulla sostenibilità sociale del messaggio, che potrebbe anche sviluppare una comunicazione istituzionale e di brand assolutamente nuova in termini di valori e mission, ma anche aiutare a descrivere le misure disponibili per il gioco responsabile, per educare il consumatore al primo acquisto.

Comunicazione e informazione diventano fondamentali. L’utente deve essere istruito sull’offerta del gioco legale, sui rischi di quello illegale, sulle patologie dell’azzardo, sulle giuste maniere di approcciarsi al gioco. Per questo all’interesse di tutelare i minori e limitare i casi di disturbo da gioco d’azzardo, dovrebbe unirsi la capacità di individuare ed adottare gli strumenti comunicativi e informativi più appropriati.

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