I carabinieri hanno rintracciato e portato in caserma uno dei presunti aggressori del senegalese di 19 anni picchiato da un gruppo di uomini mentre si trovava davanti a un bar a Partinico. Il branco lo avrebbe prima offeso e insultato, per poi passare alle vie di fatto, causandogli ferite alla bocca e alle orecchie. Dopo il pestaggio il 19enne è stato ascoltato dai carabinieri che hanno fatto partire le indagini e sono riusciti a risalire a uno dei protagonisti, che dopo essere stato interrogato è stato denunciato. Si tratta di un 34enne di Partinico. “E’ considerato responsabile dei reati di lesioni personali aggravate dall’odio raziale”, spiegano i carabinieri della compagnia di Partinico. Le indagini hanno consentito di individuare l’uomo, il cui coinvolgimento nei fatti è stato confermato da diverse testimonianze.
Il giovane senegalese, arrivato in Sicilia nel 2016 e ospite di una comunità, è stato preso in cura dai medici dell’ospedale Civico e dimesso con 7 giorni di prognosi. L’aggressione gli ha provocato ferite guaribili in sette giorni. La vittima del pestaggio ha raccontato di essere stato avvicinato da un gruppo nei pressi di piazza Caterina. Erano in sette contro uno. Prima gli hanno tirato con violenza le orecchie, dicendogli: “Vattene via sporco negro”. Poi mentre uno del gruppo lo teneva fermo gli altri lo prendevano a calci e pugni. Dopo la violenza subita il diciannovenne ha presentato una denuncia ai carabinieri. “Non ho reagito – ha raccontato il senegalese – perché non alzo le mani. Mi potevo difendere, ma gli educatori della comunità mi hanno insegnato che non si alzano le mani”.
IL MESSAGGIO DI SOLIDARIETA’ DI MONSIGNOR MICHELE PENNISI, ARCIVESCOVO DI MONREALE
“Esprimo la solidarietà della Chiesa di Monreale nei confronti di questo fratello senegalese che stato aggredito, come esprimo la più ferma condanna nei confronti di quest’atto di razzismo di xenofobia – ha detto Pennisi -. L’atteggiamento dei cristiani e di tanti uomini di buona volontà in Sicilia è caratterizzato dall’accoglienza, dalla protezione umanitaria, dalla promozione della persona umana, dall’integrazione nel territorio e nella nostra cultura. Basti pensare ai soccorsi agli immigrati da parte dei pescatori, dei militari, dei medici, dei volontari, della Caritas, delle associazioni”.
“A coloro che sono sbarcati nelle nostre coste il nostro compito di cristiani è quello dell’accoglienza, del prendersi cura, vincendo il muro dell’indifferenza, con lo stile del buon samaritano. Siamo chiamati a farci prossimo degli altri, chiunque egli sia e da qualsiasi parte arrivi, qualsiasi problema porti, qualsiasi sia la difficoltà; siamo chiamati a fare sempre il primo passo verso uno stile di accoglienza e di misericordia, a guardare chiunque bussa alla nostra porta con quello che ho detto Gesù: “Ero straniero mi avete accolto”. Ogni forestiero che bussa alla nostra porta è un’occasione di incontro Gesù Cristo, il quale si identifica con lo straniero accolto e rifiutato di ogni epoca.
È necessario allora una rivoluzione culturale: occorre aprirsi alle logiche dell’accoglienza, della solidarietà; bisogna lavorare moltissimo sull’educazione e sulla cultura dell’incontro, fornendo dati reali. Prima ancora del semplice accogliere, oggi è fondamentale creare una cultura dell’accoglienza, correlata alla cultura della mondialità, per creare una globalità umanizzata e umanizzante. Proprio in questi giorni – ha concluso Pennisi – il parroco di Santa Caterina in Partinico (dove è avvenuta l’aggressione) si trova in Africa con un gruppo di volontari, in Tanzania, proprio per aiutare quelle persone sul posto, sia attraverso l’evangelizzazione che attraverso opere di promozione umana e sociale, per farsi che sì che ci sia uno sviluppo e un’attenzione a queste persone, anche in Africa”.
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