I Carabinieri del Nucleo Informativo di Palermo hanno dato esecuzione a un decreto di fermo di indiziato di delitto, emesso dalla Procura Distrettuale Antimafia di Palermo, nei confronti di 17 persone ritenute, a vario titolo, responsabili di associazione per delinquere transnazionale, finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, al traffico di armi da guerra e al riciclaggio di diamanti, oro e denaro contante. La struttura criminale, che faceva capo ad indagati residenti a Palermo, ha sviluppato la sua operatività anche nelle provincie di Sondrio, Como, Pordenone e Siena, nonché in Svizzera, Germania, Macedonia e Kosovo.
Le indagini hanno consentito di far emergere l’esistenza e la piena operatività di due distinte strutture criminali, finalizzate al favoreggiamento dell’ingresso clandestino in territorio nazionale e in altri paesi dell’Unione Europea, di un numero indeterminato di soggetti, alcuni dei quali identificati, tutti provenienti dall’area balcanica, in cambio di denaro.
La prima, diretta da un gruppo di kosovari, alcuni dei quali stanziali in Italia (nelle province di Como e Sondrio) e altri in Svizzera, è risultata composta da Arben Rexhepi, Driton Rexhepi, Xhemshit Vershevci, Ibraim Latifi detto Brraka, e dagli italiani Jlenia Arena Fele, Franco e Tiziano Moreno Mapelli.
La seconda, la cui nascita è stata documentata “in diretta” dalle investigazioni, è risultata formata da Giuseppe Giangrosso, Dario Vitellaro, e dai macedoni Fatmir Ljatifi e Dzemilj Dzaferi.
In relazione al gruppo kosovaro è emerso che: Arben Rexhepi, in qualità di capo del sodalizio e operando dal Kosovo, reclutava clandestini per avviarli, sulla rotta balcanica, verso l’Italia. Una volta accolti in Italia da Driton Rexhepi, che opera attraverso la complicità di Xhemshit Vershevci, Franco e Tiziano Mapelli, venivano successivamente condotti in auto verso il confine con la Svizzera. Ibraim Latifi e Jlenia Fele Arena, si occupavano di far transitare clandestinamente i migranti in territorio elvetico.
Nello specifico, promuovendo l’attivazione dei protocolli di cooperazione internazionale con la Polizia Cantonale Svizzera e grazie alla collaborazione con personale del Nucleo Informativo di Venezia, si sono documentati due distinti episodi di ingresso illegale nello Stato, seguiti da altrettanti spostamenti verso la Svizzera, di alcuni clandestini provenienti dall’area balcanica.
E’ emerso, anche che uno dei soggetti transitati illegalmente in Svizzera sarebbe stato impiegato da Arben Rexhepi in Kosovo per trafficare armi. Il canale si è interrotto quando il capo dell’organizzazione, Arben Rexhepi, fu arrestato dalla polizia kosovara in quanto sospettato di traffico internazionale di clandestini e trovato in possesso di armi da fuoco.
In relazione, invece, alla seconda articolazione, gestita a Palermo da Fatmir Ljatifi e Giuseppe Giangrosso, è emerso che: i due soggetti, ideatori e promotori dell’organizzazione, reclutavano cittadini slavi da far entrare in Italia per motivi di lavoro, palesemente fittizi. A tale scopo hanno contattato il pregiudicato Dario Vitellaro, recandosi presso la sua abitazione mentre questi era agli arresti domiciliari, il quale ha fornito la sua disponibilità a reperire una società compiacente in grado di assumere fittiziamente gli stranieri, al fine di consentire loro di ottenere un permesso di soggiorno per motivi di lavoro e, di conseguenza, ottenuti i documenti, permettere agli stranieri di trasferirsi in altri stati dell’Unione Europea.
L’ASSOCIAZIONE FINALIZZATA AL RICICLAGGIO
Le indagini hanno anche dimostrato che Fatmir Ljatifi e Giuseppe Giangrosso sono stati gli ispiratori di una fitta rete di affari, finalizzati a riciclare ingenti capitali illeciti. I due hanno costituito un’associazione, convogliando attorno a sé vari soggetti che possiedono competenze e contatti variegati, con il comune intento di associarsi stabilmente al fine di ricliclare denaro provento da furti e rapine a bancomat, da movimentare attraverso canali bancari; oro provento di furti; diamanti di provenienza illecita. Altri soggetti hanno cooperato, in maniera continuativa e sistematica con i due, pianificando attività di riciclaggio e programmando una serie di ulteriori ed indeterminate attività illecite.
Il gruppo criminale dedito alle operazioni di riciclaggio transnazionale, era composto per il denaro provento da furti e rapine a bancomat da: Francesco Tinnirello, Salvatore Morello, Gabriele Torres e altri soggetti stranieri non individuati; per il denaro da movimentare attraverso canali bancari da: Luan Dobjani, Denis Nicki e altri soggetti non individuati; per l’oro da: Driton Rexhepi e altri soggetti non identificati; per i diamanti di provenienza illecita da: Driton Rexhepi, Astrit Rexhepi, Uran Ameti e altri soggetti stranieri non individuati.
IL TRAFFICO DI ARMI DALL’AREA BALCANICA
Nel corso delle indagini è emersa anche la grave circostanza che Fatmir Ljatifi si è occupato di commerciare armi da guerra. E’ stato documentato che l’indagato è in possesso di armi corte e lunghe da guerra (kalashnikov) nonché alcune bombe, parte delle quali ha recentemente venduto a dei soggetti in area balcanica. Uno di tali soggetti è ricercato dalle autorità macedoni, in quanto combattente del gruppo paramilitare “Nuovo UCK”, protagonista di un sanguinoso attacco armato, avvenuto nel 2015 nella cittadina macedone di Kumanovo.
Il 4 novembre 2017 Ljatifi faceva rientro in Italia, a bordo della sua autovettura, dopo il suo viaggio in Kosovo e Macedonia. Nei pressi dello svincolo autostradale di Villabate, i Carabinieri fermarono e controllarono l’auto su cui viaggiava.
Durante la perquisizione, vennero sequestrati i telefoni cellullari e le schede sim nella disponibilità del macedone. Gli esiti della perquisizione consentirono di effettuare significativi riscontri in relazione al traffico di armi ed al riciclaggio di diamanti e di soldi provento di furti e rapine.
I CONTATTI CON COSA NOSTRA CATANESE
Il 16 novembre 2016, il 27 settembre e il 20 ottobre 2017, venivano documentati tre distinti incontri riservati (due dei quali avvenuti presso l’Outlet Village di Dittaino e uno a Palermo) fra Giuseppe Giangrosso, Fatmir Ljatifi e un soggetto inserito nel contesto mafioso di Adrano (CT), in quanto coinvolto in varie vicende giudiziarie per associazione mafiosa, rapina, traffico di stupefacenti e di armi. Nel corso dell’incontro del 16 novembre 2016, avvenuto a Dittaino, è stato anche identificato un nipote del noto capomafia di Belpasso, Giuseppe Pulvirenti detto “u malpassotu”.
INDAGATI SOTTOPOSTI A FERMO
1. LJATIFI Fatmir, nato a Skopje (Macedonia) il 27/09/1971, residente a Bolognetta (PA), via Giotto nr.1;
2. MAPELLI Franco nato a Gravedona (Como) il 30/06/1970, ivi residente in via Amorati n.4.
3. MAPELLI Tiziano Moreno, nato a Bellano (Como) il 27/12/1966, residente Dongo (Como) in via Amorati n.4;
4. GIANGROSSO Giuseppe, nato a Roccamena (PA) il 04.12.1957, residente a Palermo in via Cruillas nr. 73/A;
5. TINNIRELLO Francesco, nato a Palermo il 31.07.1963, ivi residente in Cortile Badalamenti n.8;
6. MORELLO Salvatore, nato a Palermo il 30.05.1987, residente a Bolognetta (PA), in via Giuseppe Ferrara n.11;
7. TORRES Gabriele, nato a Palermo il 17.06.1988, ivi residente in via Giulio Verne n.4;
8. VITELLARO Dario, nato a Palermo il 06.08.1974, ivi residente in Viale Regione Siciliana n. 1325 scala A;
9. DOBJANI Luan, nato a Cavaje (Albania) il 29.3.1983, dimorante a Pravisdomini (PN);
10.VERSHEVCI Xhemshit, nato a Sllkoc (Kosovo) il 06/12/1970, residente a Delebio via Quadrio Maurizio n. 5.
LA DICHIARAZIONE DEL COMANDANTE PROVINCIALE DEI CARABINIERI COLONNELLO ANTONIO DI STASIO
“Quello odierno costituisce un importante risultato operativo. In primis, i vertici della struttura criminale oggi sgominata, operanti nella provincia di Palermo, hanno dimostrato di possedere concrete e pericolosissime capacità di relazione con cosa nostra e con pericolosi elementi legati al gruppo paramilitare denominato Nuovo UCK, operante in area balcanica. Proprio tale circostanza, accertata nel corso delle indagini, ha costituito l’elemento più allarmante e degno di approfondimento.
Mi preme evidenziare come, ancora una volta – aggiunge Di Stasio – da un input informativo proveniente da una Stazione Carabinieri si sia poi sviluppata, in sinergia con i reparti info-investigativi dell’Arma, un’indagine transnazionale che ha permesso di portare alla luce un’associazione per delinquere dai molteplici interessi criminali. Ancora, altro dato che vorrei rimarcare, è il perfetto coordinamento tra l’Arma e le forze di Polizia e le Magistrature straniere (cui rinnovo la mia gratitudine) che hanno collaborato lungo tutto lo sviluppo dell’indagine al fianco dei Carabinieri di Palermo, costituendo fattore determinante per il risultato operativo conseguito. Ringrazio, infine – ha concluso il colonnello DI Stasio – i miei Carabinieri per la professionalità dimostrata e per la capacità di adattarsi alle molteplici situazioni operative e territoriali”.