In occasione della solenne concelebrazione davanti al Tempio della Concordia, ad Agrigento, organizzata 25 anni dopo il grido di Papa Wojtyla contro la mafia, i vescovi della Sicilia hanno consegnato una lettera che ribadisce l’incompatibilità della mafia con il Vangelo e la Chiesa e invita alla conversione gli uomini e le donne di mafia. Novità rispetto al passato è la posizione anche nei confronti di chi si macchia di omissioni e non aiuta a denunciare e a ripristinare verità e giustizia. A presiedere il rito il cardinale Francesco Montenegro.
“Dopo l’appello alla conversione di San Giovanni Paolo II, il 9 maggio di 25 anni fa, il successivo 15 settembre è stato ucciso dalla mafia il beato don Pino Puglisi: c’è una relazione tra il grido del Papa e il martirio di don Pino Puglisi che voleva parlare con la gente, con i mafiosi, e a loro si rivolgeva con un atteggiamento di apertura di cuore”, ha sottolineato il vescovo di Ragusa Carmelo Cuttitta, segretario della Conferenza episcopale siciliana.
“Don Pino voleva che che i mafiosi potessero orientare la loro vita verso la via del bene – ha aggiunto Cuttitta -. Era continuamente controllato dalla mafia, ma lui è andato avanti con la sua modalità dell’evangelizzazione. Padre Puglisi è un martire venuto fuori da quel grido di Giovanni Paolo II, che era un appello alla conversione”.
Significativo già lo stesso titolo della lettera: “Convertitevi”. “Messaggio centrale di questo documento – ha spiegato l’arcivescovo di Monreale Michele Pennisi – è l’invito alla conversione, a cambiare vita e mentalità. Vogliamo con questa lettera prolungare l’eco dell’appello pronunciato da San Giovanni Paolo II davanti al Tempio della Concordia, un invito rivolto alle persone coinvolte nelle trame mortali e peccaminose dell’organizzazione mafiosa. Con questo documento vogliamo ricordare le numerose vittime della violenza mafiosa e ribadire che la mafia è peccato e i mafiosi sono peccatori. Diciamo che questo peccato gravissimo li pone di fatto fuori dalla comunione ecclesiale, riaffermando l’incompatibilità tra la mafia e i valori del Vangelo”.
Il testo si divide in cinque capitoli. Il primo dei quali rievoca il senso autentico del grido di Papa Wojtyla, ricorda le vittime e riafferma l’impegno di ciascuno. Il secondo ribadisce che la mafia è peccato ed è incompatibile con il Vangelo, e riguarda la Chiesa, “perchè danneggia non solo la società – sottolinea Pennisi – ma anche la Chiesa e la coscienza ecclesiale e quindi interviene con un proprio linguaggio”. Si tratta poi di valorizzare e purificare la pietà popolare “che è una risorsa, ma deve essere purificata perchè potrebbero esserci delle infiltrazioni ed essere utilizzata dai mafiosi che fanno leva sulle espressioni della pietà popolare per avere una onorabilità sociale che non hanno”. Un altro capitolo contiene una serie di appelli ai credenti, alle persone di buona volontà, ai parenti delle vittime di mafia, e agli uomini e donne di mafia invitando questi ultimi alla conversione: “E non basta – avverte il prelato – battersi il petto, è necessario che ci sia una presa di distanza dal fenomeno mafioso, che ci sia la volontà di chiedere il perdono alle vittime, di riparare per quanto possibile al male fatto. Insomma serve un cambiamento concreto e pubblico”.