Avrebbe utilizzato i soldi destinati ai bambini autistici e ai piccoli malati oncologici per acquistare un attico di 210 metri quadri con depandance al centro di Roma, dal valore di 800 mila euro. Soldi che erano destinati alla Fondazione Campanile, una delle più importanti realtà socio-assistenziali della Sicilia, e utilizzati a fini privati dall’ormai ex vescovo di Trapani, conosciutissimo anche a Monreale, Francesco Micciché, sollevato dal suo incarico nel 2012 da papa Benedetto XVI all’esplodere dello scandalo per un ammanco milionario dai conti della Diocesi.
Continua dunque l’indagine che coinvolge il presule. Indagine iniziata 5 anni fa e che vede coinvolto Micciché per appropriazione indebita e malversazione per la distrazione dei fondi dell’8 per mille. E continuano ad emergere particolari significativi e importanti. Come questo attico al quarto piano di un antico palazzo nobiliare al numero 50 di via San Nicola di Tolentino alle spalle di piazza Barberini. Cinque finestre su un unico balcone in uno stabile di pregio che ospita anche un paio di residence di lusso e un’accademia di moda. Fu acquistato nel 2008 dal vescovo di Trapani ad un prezzo decisamente sottostimato per i prezzi del centro di Roma: 760.000 euro più 30.000 di spese notarili, per di più dichiarandone l’utilizzo ai fini di culto (dunque equiparato ad una chiesa) per non pagare l’imposta di registro, l’appartamento è stato intestato alla Curia di Trapani. Come ha confermato ai pm monsignor Alessandro Plotti, inviato dal Vaticano come amministratore apostolico a Trapani dopo la rimozione di Micciché. Quello dell’alto prelato (scomparso qualche tempo fa) è un durissimo atto d’accusa: “Io ho rilevato l’anomalia dell’acquisto di una casa privata intestata alla diocesi con soldi che avrebbero dovuto essere destinati alla cura dei bambini e alle finalità della Fondazione Campanile. Non è accettabile che siano stati buttati via 500.000 euro per l’acquisto di una casa privata a Roma in pieno centro storico sottraendo quella somma alla possibilità di destinarli alla cura di bambini con problemi psichici”.
L’ipotesi dei pm è che l’acquisto dell’appartamento rientrasse tra quegli “investimenti” (altri appartamenti a Palermo, ma anche titoli su conti esteri e polizze assicurative) che Micciché avrebbe realizzato sottraendo quasi tre milioni di euro alla Diocesi, dai fondi dell’8 per mille a quelli della Fondazione Campanile. Con una astuta operazione tecnico-finanziaria: la fusione per incorporazione della Fondazione istituita nel 1968 da monsignor Antonio Campanile, che l’aveva destinata ai bambini con gravi patologie, nella Fondazione Auxiluim della quale il vescovo presidente aveva nominato amministratore il cognato Teodoro Canepa. A quel punto prelevare dal conto 500.000 euro per pagare parte della casa a Roma sarebbe stato un gioco da ragazzi. Ma non sarebbe stata l’unica operazione di quel genere. È ancora l’amministratore apostolico Plotti a dire ai pm: “Ho rilevato una serie di operazioni sfavorevoli alla Diocesi, di scarsa comprensibilità, quali le cessioni in comodato gratuito di immobili reimpiegati in strutture alberghiere. Devo dire che ho rilevato una gestione personalistica della Diocesi di Trapani che ho trovato in stato di grave dissesto economico con una totale spoliazione dei suoi beni”.
Parole durissime in linea con le conclusioni dell’ispezione affidata dal Vaticano a monsignor Mogavero. Davanti alle quali Micciché ha reagito con un attacco senza precedenti. In una lettera inviata all’ex procuratore Marcello Viola, scrive: “Ho scoperto la pericolosità di una mafia ecclesiastica non meno potente, insidiosa e nefasta della mafia che il sistema giudiziario in Italia è impegnato a contrastare”. In attesa della conclusione dell’inchiesta (finora priva della risposta dello Ior alle richieste dei pm), Micciché, mai sospeso a divinis, vive a Roma e dice messa alla Confraternita dei siciliani.
Fonte Repubblica.it