Nino Di Matteo a Monreale: “Corruzione e mafia due facce della stessa medaglia”

Redazione

Cronaca

Nino Di Matteo a Monreale: “Corruzione e mafia due facce della stessa medaglia”

16 Settembre 2017 - 19:51

Un lunghissimo applauso ha salutato l’intevento bello, appassionato e a tratti emozionante di Nino Di Matteo. Un uomo che “rappresenta lo Stato” ha detto il sindaco di Monreale Piero Capizzi che, insieme all’Arcivescovo di Monreale, ha dato il benvenuto al magistrato nello splendido salone del Palazzo Arcivescovile. L’occasione è stato il convegno organizzato da Avvenire dal titolo “Giustizia – Bellezze Giustizia contro corruzione e mafia”. Ad aprire i lavori l’Arcivescovo Pennisi che ha sottolineato l’importanza della tematica affrontata oggi a Monreale. Poi è stato il turno di Monsignor Silvano Tomasi, arcivescovo, nunzio apostolico e membro del dicastero pr il servizio dello sviluppo umano integrale che ha ripreso la frase di Papa Francesco:. “La corruzione è una forma di bestemmia, un processo di morte che da linfa a che ordisce il crimine”. Tomasi ha poi parlato di questa nuova struttura voluta da Papa Francesco, il servizio allo sviluppo umano ed integrato, “una nuova struttura – dice Tomasi – che ha il compito di promuovere la giustizia, le varie esigenze che emergono dal disarmo, fino alla ricerca della pace soprattutto per quei paesi sottosviluppati e a difesa dei diritti umani. Sono le premesse ideali per far cambiare il modo di pensare, instillare nelle coscienze di tutti l’idea che la corruzione è un male non accettabile”. Poi Tomasi ha ringraziato pubblicamente Pennisi, perché quella di Monreale “e la prima chiesa locale che si impegna ad affrontare pubblicamente il tema della corruzione. E questo è il cammino che ci proponiamo di fare, fare in modo che istituzioni e cittadini siano più vicine, che tra le persone e la comunità ci sia rapporto sereno, pulito, per costruire futuro che tutti vogliamo”.

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Poi l’intervento di Nino Di Matteo: “Nella società di oggi, in tutto il mondo, diventano sempre più centrali, la corruzione, la mafia, il dilagare di metodi mafiosi e corruttivi – ha detto il magistrato – Perfino certe volte all’interno di istituzioni pubbliche e politiche, ma è grave, a mio parere, il diffondersi della rassegnazione rispetto a questa situazione. Sono magistrato da 25 anni, ho una visuale molto particolare e ve le dico con molta umiltà, ma queste mie parole sono frutto di esperienza su lcampo dell’impegno antimafia”.

Per Di Matteo, la vera essenza della mafia “è stata da sempre quella di cercare di ottenere il rapporto esterno con il potere, sia politico, istituzionale e religioso”. Ma la tragica peculiarità della mafia siciliana, la loro vera forza, sottolinea Di Matteo, “è stata quella derivante non solo dalle armi e dalla violenza, ma anche di coltivare i rappotti con il potere. Ed è l’unica organizzazione di stampo mafioso che negli ultimi 30/40 anni ha compiuto stragi, ha ucciso politici di spicco, ha uccisio decine di uomini delle forze dell’ordine, imprenditori, giornalisti, sacerdoti”. Mamafia e corruzione non sono due mondi separati: “Negli ultimi decenni abbiamo notato come mafia e corruzione non sono più due mondi distinti e diversi, ammesso che lo siana mai stati – dice Di Matteo – ma rappresentano due facce della stessa medaglia. Ci sono gruppi criminali che per perseguire i loro interessi, alternano metodi sia violenti che corruttivi”.

Le mafie hanno sempre più capacità di penetare nel mondo delle istituzioni. Ma, sottolinea Di Matteo, “in Italia ci sono circa 60 mila detenuti, ma sono solo poche decine, coloro che stanno scontando i reati contro la pubblica amministrazione, quindi che sono stati condannati in maniera definitiva per reati di corruzione”.

Di Matteo ha raccontato di essersi appassionato tantissimo al libro “Corrosione: conbattere la corruzione nella Chiesa e nella società”, scritto dal cardinal Peter Kodwo Appiah Turkson con Vittorio Alberti: “Lo spero sia da magistrato che da credente di sentire a tutti i livelli ecclesiastici questo richiamo di condanna alla mentalità mafiosa e alla mentalità di corruzione, perché i mafiosi temono molto questa parola forte. In tante indagini e intercettazioni ho colto la loro preoccupazione di una chiesa forte a denunciare il sistema mafioso. Ho colto la loro rabbia nei confronti del clero che ha il coraggio della parola e del lavoro sul territorio”. Come le parole di Totò Riina, intercettato nel 2013: “Parlava di Padre Pino Puglisi che aveva il torto, ai suoi occhi, di non fare il “parrino” e diceva “questo sta con i ragazzi, li educa, cerca di sottrarre i giovani alla criminalità”. Ecco i mafiosi temono la chiesa”.

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L’aspetto punitivo spetta allo Stato, “ma quello della denuncia dell’antiteticità contro i valori cristiani spetta a tutti i credenti”, ha detto Di Matteo che ha poi aggiunto: “Mi piace molto andare nelle scuole, mi piace confrontarmi con i giovani, ci sono molti fermenti, sta a noi adulti dare l’esempio buono – ha detto – ma quando vedo la rassegnazione, quando sento dire “ma tanto non cambierà nulla”, questa cosa mi fa letteralmente arrabbiare. Questa forma di rassegnazione, questo “ma chi te lo fa fare”, indica di come siamo abituati al male, a considerare quasi normale un politico che ruba, un magistrato che si fa corrompere, un amministratore che lucra sulla sofferenza altrui. Quanti ci stiamo abituando”?

Poi la frase di chiusura: “Spero che nei più giovani si riscopra l’amore per politica e l’impegno religioso che un modo anche per dire “provo a cambiare le cose, voglio cercare di lasciare una piccola traccia nella società in cui vivo”. Che non rimanga, però, solo una speranza”.

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