I ragazzi della scuola secondaria di primo grado dell’Istituto comprensivo “Francesca Morvillo”, classi seconde e terze, hanno avuto modo di vivere una mattinata densa di sensazioni, emozioni e conoscenze poiché hanno visitato il museo “ Giovanni Falcone e Paolo Borsellino” presso il Palazzo di Giustizia di Palermo, più noto come il “bunkerino” dei due grandi magistrati. L’opportunità è nata nell’ambito della partecipazione al progetto “Cittadinanza per la Magistratura – Concorso Giovanni Palazzotto” 2016/2017. In un precedente incontro, svoltosi nel salone della scuola lo scorso 7 Marzo, i ragazzi sono stati intrattenuti dal dottor Gozzo e dalla dottoressa De Luca su temi quali: mafia e legalità, bullismo e cyberbullismo. Il giudice ha parlato del suo lavoro e di come sia necessario essere eroi ogni giorno nello svolgimento del proprio dovere.
Ieri, al Palazzo di Giustizia, i ragazzi hanno avuto un cicerone d’eccezione, un uomo che per la legalità ha rischiato di morire: Giovanni Paparcuri, autista del giudice Rocco Chinnici, unico sopravvissuto alla strage che nel 1983 uccise il magistrato, due agenti della scorta ed il portiere dello stabile. Rimasto gravemente ferito, dopo la convalescenza, non potendo più fare il lavoro di autista, Giovanni Paparcuri ha iniziato a collaborare con i magistrati Falcone e Borsellino. Raccontando della sua attività, ha detto di aver informatizzato tutto il materiale del maxiprocesso e di averlo fatto con mezzi che oggi definiremmo rudimentali. Paparcuri che ha voluto fortemente che gli uffici dei due magistrati, assassinati dalla mafia, divenissero un museo e oggi ne cura ogni aspetto con amore.
“È un museo particolare quello che visitiamo – raccontano i docenti, – un mondo che sembra essersi fermato a trent’anni fa, pieno di documenti, libri, fascicoli e di tutti gli oggetti utilizzati quotidianamente dai due giudici. Un’emozione fortissima per i ragazzi e per noi insegnanti entrare nei luoghi dove questi due grandi uomini hanno lavorato per cercare di fermare il fenomeno mafioso. Nelle sedie, dietro le scrivanie, si possono notare le sagome dei loro corpi che per tanto tempo vi si sono seduti, sudando sulle carte con la voglia di capire e di trovare il bandolo della matassa che porta alla legalità”.
“Oggi, durante la visita, mi sono sentito orgoglioso di essere siciliano, di vivere nello stesso paese in cui hanno lavorato i due magistrati che hanno dato la loro vita per noi”, ha detto Vincenzo Rizzo della 2° A.
“Entrare negli uffici dei due giudici morti per difendere la legalità – ha detto invece Elena Lo Bianco della 2° A – mi ha fatto riflettere sul fatto che tocca a noi ora dare senso al loro sacrificio”.
Giulia Rampulla della 3° A invece vuole ricordarli “seduti sulle loro poltrone, con il loro sorriso, fermi come se fossero ancora lì. In realtà questi due grandi uomini non moriranno mai, ciò che hanno fatto li ha resi immortali”.