Da uno studio di ricerca, effettuato tra i documenti dell’archivio storico comunale monrealese, è emersa una documentazione relativa al periodo seicentesco e, precisamente, al periodo storicamente conosciuto come quello dell’Inquisizione, in cui la donna era oggetto di torture e violenze da parte di tribunali inquisitori. L’assessore Nadia Olga Granà, in prossimità della ricorrenza della Giornata internazionale della donna, ha scelto di dare voce a queste vittime monrealesi, ingiustamente giudicate, condannate e soffocate dall’oblio per circa trecentocinquant’anni, con la realizzazione di una performance teatrale e con il coinvolgimento di giovani donne del territorio monrealese. Il compito a Giuseppe Moschella, funzionario del comune di Monreale nonchè noto attore e regista palermitano.
Per una sera, la Casa della Cultura, illuminata dalla luce di candele e lumini che simboleggiavano il desiderio di giustizia, ha rivissuto il clima secentesco dell’inquisizione. Il regista, sin dall’inizio, ha pensato di teatralizzare l’accoglienza del pubblico, facendolo accompagnare sino alla spazio scenico da attori-monaci incappucciati. Dopo il susseguirsi di suggestive apparizioni di donne, poste in diversi punti della Casa, rigorosamente vestite di bianco, al cospetto di un crudele inquisitore, si è assistito all’ascolto delle loro suppliche e alla richiesta di grazia per essere state ingiustamente accusate di stregoneria. Purtroppo, quasi sempre, la condanna nella storia è stata inevitabile. Ieri, tuttavia, il regista e l’assessore Granà hanno voluto offrire un finale positivo e di riscatto morale a queste donne.
Con l’aiuto della musica ben curata da Maurizio Curcio, della splendida voce di Valentina Migliore che ha interpretato alcuni sonetti di Antonio Veneziano, dei due giovani musicisti e del repentino cambio di luci, da soffusa a piena, l’Inquisitore, metaforicamente, è stato condotto da un uomo incappucciato e fatto inginocchiare, al centro del proscenio. Le donne contemporaneamente poste a semicerchio, con grida di riscatto, hanno denunciato le malefatte subite: “Siamo state torturate, violentate, bruciate!”; legate da un abbraccio di unione, hanno così accerchiato l’Inquisitore, destinandolo metaforicamente a morte certa. L’uomo vestito di nero, togliendosi il cappuccio, ha così svelato la sua identità: era un giovane che recitava il suo messaggio di speranza per un futuro migliore in cui l’inquisizione, oggi celata sotto altre forme, potrà essere combattuta e sconfitta definitivamente.
L’assessore Granà, dopo l’evento, ha ricevuto numerosi messaggi di apprezzamento per l’ottima riuscita della performance. Tra i tanti riportiamo quello del professore Santo La Quatra, uno degli interpreti: “…. è stato bello e formativo vivere questa esperienza, il teatro e la teatralità oggi li paragono ad una grande “medicina” che spero di poter continuare ad assumere per allargare i miei orizzonti”.
Per concludere citiamo il commento alla serata del prof. Salvo Venturella: “Parlando di cultura possiamo affrontare tante tematiche, ma la cultura non è nulla senza i processi che inneschiamo noi singolarmente come portatori sani, pertanto ben vengano queste iniziative, ben vengano le buone idee, ben venga tutto quello che è in grado di portare sanamente processi rigenerativi partendo dalla nostra identità che comunque, nel bene e nel male, rappresenta il nostro patrimonio”.