Penso sia il momento di innescare alcune riflessioni sulle vicende che hanno sino ad oggi travagliato il primo partito al governo della città di Monreale.
Noi tutti sappiamo che oggi una scissione si è realizzata anche attraverso un atto di forza del primo cittadino che ha indotto il segretario del Pd a fare delle scelte ovvero a decidere non facendole (questa lettura dipenderà dai punti di vista soggettivi). Non voglio cercare di schierarmi, ma cerco solo, oggettivizzando al meglio, di sviluppare una tesi utile a comprendere quali fenomeni ci siano in atto e chi stia coerentemente cercando la strada del bene comune.
Ricordo un Pd il cui proposito era di riunire il meglio delle esperienze storiche di matrice socialista con quelle del riformismo laico e in cui per la prima volta la scelta e l’impegno, in forme collettive, hanno liberato uomini e donne della tradizione cattolico-democratica e cristiano-sociale dalle riserve e dai condizionamenti del passato, consentendo loro di agire in un ambito politico insieme a quanti vengono da culture diverse.
Questa sinistra, in questa città, è diventata forte allorquando ha smesso di essere solamente maschile, quando ha esaltato le soggettività e ha cercato di esprimere un disegno propulsivo volto a creare un nuovo patto di cittadinanza sociale. In questi giorni mi sarei aspettato una maggiore forza da parte degli apparati provinciali e regionali per respingere l’offensiva di un pensiero povero, pseudo liberista che pretende di abbandonare il partito alla deriva dei rapporti di forza (e questo assunto non vale solo per una delle possibili fazioni, ma per entrambi).
Prendo spunto dalle riflessioni di Alberto Asor Rosa (critico letterario, scrittore, politico e docente universitario) per parafrasare un suo pensiero e calarlo nel nostro contesto sociale: la deregulation (nell’agire politico) il “laissez faire” lo scatenamento delle forze è un costume cui maggiormente la Destra opta “naturaliter”. La Sinistra è invece il “governo del conflitto” di una società altamente conflittuale e non organica. Negli ultimi anni, aldilà delle trasformazioni a carattere nazionale, la natura intrinseca e l’offerta politica hanno scarsamente disegnato il profilo politico strategico di questa formazione politica che ha spesso adagiato le proprie sorti a quelle del sindacato confondendo funzioni e ruoli e nella ricerca di imitare modelli di attrazione più che di partecipazione.
Perché allora una lista civica e un primo cittadino creano così scompiglio? Mi viene da pensare che il ruolo guida del partito sia venuto meno in quanto le prerogative e le istanze interne non siano mai state tali da imporsi nello sviluppo programmatico della Giunta, presi dal gioco delle parti, sotto la spada di Damocle delle emergenze e per l’assenza evidente di un tavolo tecnico di riflessione meramente politica. Sono convinto che nell’azione di governo debba restare la “vis” tipica dell’opposizione per sforzarsi di ragionare a distanza e con spirito critico.
L’area di sinistra e il Pd avrebbero dovuto farci percepire la città come il luogo di nuovi spazi strutturati di incontro e scambio culturale, fattore propulsivo di un grande disegno volto a modernizzare la città nelle funzioni e nella interazione sociale. Di questo sistema esistono le basi (già solidissime) nella ricchissima gamma delle esperienze del volontariato, dell’associazionismo, della cooperazione sociale che potrebbero innescare politiche economiche efficaci all’interno di un vero e proprio mercato sociale in grado di generare servizi, occupazione, promozione di responsabilità e forme di autogoverno.
Questo partito avrebbe dovuto indicare all’amministrazione il quadro degli interventi necessari per creare nuova occupazione e sviluppo, ad esempio, attraverso l’adeguata valorizzazione dell’impresa locale. Poiché oggi il modo migliore di fare sviluppo è riuscire a mantenere le soglie di occupazione. Penso a progetti di salvaguardia ambientale, di recupero del patrimonio storico-architettonico, di risanamento territoriale.
Resta il fatto che invece abbiamo due fazioni che dicono simultaneamente di avere titolarità a gestire il simbolo e il nome del partito e di seguito a prendere decisioni con il primo cittadino. Questa è una situazione imbarazzante e al tempo squallida, che getta ombre sugli attori del Partito Democratico e offusca la credibilità agli occhi dell’intera cittadinanza.
Auspico intervento della Dirigenza perché riesca a fare chiarezza sui ruoli e in merito alle specifiche appartenenze, tali da non essere più dettate dal possesso di una tessera, ma dall’agire politico e dal senso di responsabilità verso gli elettori che hanno sposato un progetto e espresso un atto di fiducia.
Uno dei banchi di prova sarà il prossimo Consiglio Comunale e giusto di fronte a questioni importanti e sostanziali come l’approvazione del Bilancio testeremo il grado di coerenza politica e sociale dei singoli soggetti politici.