Così cita la Costituzione Italiana al’’art. 9: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica [cfr. artt. 33, 34]. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. E ancora la legge 77 del 2006 all’art. 1 determina che: “i siti italiani UNESCO, sono, per la loro unicità, punte di eccellenza del patrimonio culturale, paesaggistico e naturale italiano e della sua rappresentazione a livello internazionale”.
In virtù di questi due enunciati, uno fondamentale e basilare e l’altro più contemporaneo, dovremmo strapparci le vesti perché in merito alla questione dell’abuso viario realizzato nella Ciambra ancora ben poco si vede. La tutela richiede una gestione amministrata che si avvalga di strutture e corpi tecnico professionali che operino al di fuori di condizionamenti politici. Essa corrisponde ad un’attività di intervento volta a individuare concretamente i beni, a prevenirne il deterioramento, a mantenerli e a ripristinarli in buono stato, che nel suo insieme si riassume in una politica di “conservazione programmata” contestualizzata nel territorio.
Il Testo Unico 490/1999 mantiene il concetto di prevalenza della tutela, ma emerge con forza anche l’importanza della valorizzazione. Il Codice 2004 fa diventare unica cosa le istanze di tutela e valorizzazione del bene culturale, visto non nel suo aspetto conservativo, ma accentuando il ruolo di testimonianza di civiltà in grado di arricchire culturalmente il singolo individuo. Ciò è confermato dalle enunciazioni di principio contenute nell’art. 1 del Codice: 1. In attuazione dell’articolo 9 della Costituzione, la Repubblica tutela e valorizza il patrimonio culturale in coerenza con le attribuzioni di cui all’articolo 117 della Costituzione; 2. La tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale concorrono a preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio e a promuovere lo sviluppo della cultura; 3. Lo Stato, le regioni, le città metropolitane, le province e i comuni assicurano e sostengono la conservazione del patrimonio culturale e ne favoriscono la pubblica fruizione e la valorizzazione.
Il Codice segue facendo chiarezza sulla conservazione quando sostiene che (cfr. Art. 6): “La valorizzazione consiste nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso, al fine di promuovere lo sviluppo della cultura”. E in riferimento al D.Lgs. 112/1998; nella nuova formulazione di notevole significato è l’affermazione che la pubblica fruibilità è finalità della tutela, che non può perciò essere intesa come fine a se stessa: si tutela non per conservare intrinsecamente il bene ma perché possa essere goduto dalla collettività.
Entrando nel particolare monrealese è molto chiaro che adesso le faccende si stanno ingarbugliando e dato che abbiamo avuto parecchie sollecitazioni affinché non tralasciassimo l’argomento stiamo seguendo la vicenda nel suo susseguirsi. Abbiamo pertanto sentito la Polizia Municipale che ha esperito riscontri planimetrici, fotografici e indagini e ha trasmesso in Procura i progetti depositati e le concessioni in essere a cui sono seguite le dichiarazioni degli attori.
Qui però non è più un problema in merito a “chi ha fatto” materialmente il danno, ma è una criticità del sistema politico che snobba il problema, lo minimizza e solleva spallucce. Dobbiamo inoltre rilevare che la questione è squisitamente di merito, poiché sembrerebbe che chiunque può sollevare un piano stradale a proprio uso e faccia di un centro storico pubblico un utilizzo chiaramente privato.
Solo l’opposizione ci ha messo un accento allorchè il Movimento Cinque Stelle attraverso il suo portavoce chiede lumi al Primo Cittadino sull’abuso potenziale. Abbiamo chiesto al consigliere Fabio Costantini cosa ne pensasse e sostanzialmente ci ha detto che “si resta a bocca aperta” di fronte alla vaghezza delle risposte del sindaco quando rilascia dichiarazioni in Consiglio comunale alla stregua di un avvocato difensore che utilizza i condizionali tipici del Foro. Il Movimento ha riportato, in un video della seduta consiliare, testimonianza di questa interrogazione estemporanea. Il loro parere è chiaro e non vuole assumere un aspetto connivente o di indifferenza, perché invocano la primazia del bene comune e della tutela del patrimonio storico nella sua interezza. A loro avviso il comune di Monreale è quasi abbandonato senza alcun controllo sia urbanistico che strategico e tentano di comprendere cosa realmente riservi questa amministrazione.
Noi crediamo che, qual che sia la conclusione della vicenda, nessuno possa mutare arbitrariamente contesti storici (e non vecchi) senza arrecare un danno alla testimonianza. Riteniamo che le leggi sul patrimonio – microscopicamente accennate all’inizio – non siano accessorie ma fondanti e alla luce di questo sarebbe stato opportuno un intervento immediato di restituzione in pristino anche perché, ad oggi, tale viuzza è diventata quasi inaccessibile e circoscritta, relegata ad una funzione meramente sussidiaria di un esercizio commerciale. Continueremo a vigilare sulla faccenda e daremo conto a tutti coloro i quali ci hanno chiesto di mettere un riflettore sulla Ciambra per ribadire che conservazione e tutela sono sinonimo di fruizione pubblica.