La Polizia di Stato ha, nella notte, eseguito una Ordinanza di Custodia Cutelare in carcere nei confronti di 18 soggetti, alcuni dei quali esponenti delle famiglie mafiose incardinate nel mandamento cittadino di “Brancaccio”, ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, traffico di sostanze stupefacenti, possesso ed uso illegale di armi da fuoco ed altro. Le indagini, coordinate dalla locale Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia (Procuratori Aggiunti Leonardo Agueci e Vittorio Teresi e Sostituti Procuratori Francesca Mazzocco, Caterina Malagoli ed Ennio Petrigni), sono state eseguite dalla Sezione “Criminalità Organizzata” della Squadra Mobile di Palermo. A distanza di due anni circa dall’operazione “Araba Fenice” (29 novembre 2011), la Squadra Mobile palermitana è tornata a far luce sulle lucrose attività di uno storico mandamento cittadino, quello di “Brancaccio”, la cui importanza è sempre stata testimoniata dalla “fervente” attività mafiosa registrata in quei territori e dalla sua strategica posizione geografica che, tradizionalmente, ha assicurato a “Cosa Nostra” palermitana contatti costanti con le altre famiglie mafiose come quella di “Bagheria”. Se è vero che l’operazione “Zefiro” è la naturale prosecuzione dell’operazione “Araba Fenice”, per l’autorevolezza e la disinvoltura nella gestione degli illeciti affari del mandamento, Bruno Natale, uno degli odierni arrestati, è erede naturale di Lupo Cesare, arrestato nel 2011. Le indagini dei poliziotti hanno infatti accertato come le leve dell’economia mafiosa nella zona orientale cittadina, siano esse quelle tradizionali legate allo spaccio degli stupefacenti ed alle attività estorsive, siano esse gli inediti rapporti intrattenuti con cellule criminali addirittura campane, fossero azionate proprio da Bruno Natale. Nel giugno del 2012, proprio sotto l’egida del capo cosca, quattro malviventi campani, stabilmente associati, soggiornarono in città ed operarono furti in danno di istituti di credito, giovandosi delle necessarie compiacenze e coperture logistiche assicurate da un uomo fidato del Bruno. I quattro malviventi, poi fermati dalla Polizia, utilizzando congegni e dispositivi meccanici, artatamente applicati all’interno e/o all’esterno degli sportelli bancari di cassa continua, riuscirono ad impossessarsi della cassetta impiegata dai correntisti per conferire i valori presso lo sportello bancario di loro pertinenza. Nella gestione del mandamento, accanto a questi elementi di “modernità”, le microspie della Mobile palermitana hanno rintracciato profili riconducibili alla più tradizionale ortodossia mafiosa, come il traffico di stupefacenti e la raccolta di fondi per il sostentamento delle famiglie dei carcerati, fondi che Bruno stesso si vantava di non aver mai eroso per interessi “privati” e l’amarezza nei confronti di un codice comportamentale dell’ “uomo d’onore” ormai desueto che, per esempio, non censura più l’adulterio. Anche nel campo delle estorsioni, Bruno è stato protagonista, in prima persona, di episodi criminali che lo hanno portato materialmente ad esigere oboli e cifre significative ad esercenti della zona; indagando su di lui, la Polizia di Stato è riuscita ad individuare una serie di esercenti taglieggiati nella zona. È da segnalare, inoltre, il carattere armato dell’organismo criminale scoperto. Per quanto già nelle sentenze emesse nel tempo da differenti e numerosi collegi giudicanti sia stato pacificamente riconosciuto che Cosa Nostra disponga di armi per il raggiungimento dei propri fini illeciti e per la realizzazione dei vari reati in cui i suoi componenti sono impegnati, nel corso dell’operazione “Zefiro” è stato accertato il possesso di armi da parte del capo-cosca Natale Brunoe di altri indagati che, seppur non formalmente inseriti negli organigrammi conosciuti della consorteria mafiosa investigata, detenevano arma di diverso tipo con relative munizioni. Il quadro tratteggiato dalle indagini dei poliziotti è quello in cui, non soltanto i soggetti organici dell’organizzazione mafiosa remano dalla parte di “Cosa Nostra”, ma anche individui non formalmente iscritti nel registro degli “uomini d’onore” e comunque asserviti agli interessi della consorteria criminale.