Niente sbarre a lineare il cielo. Niente piccole celle luride dove neanche un minimo di pudore umano è consentito. Nessuna voglia di scappare. Anzi. A Bastøy, definita “l’Isola prigione”, i detenuti chiedono di poter andare a scontare gli ultimi anni delle rispettive pene. Due chilometri quadrati nel fiordo di Oslo, in Norvegia, bastano per rivoluzionare il concetto di libertà e di prigionia, ma soprattutto di rispetto e dignità. I posti disponibili sono soltanto 115. I detenuti per fare richiesta di essere riabilitati a Bastøy devono mandare una lettera motivazionale. Di lettere ne arrivano circa 30 al mese. Per essere ammessi non conta il reato, ma il desiderio di lavorare su se stessi. “Non avrei alcun problema ad accettare la lunghezza della mia pena, soprattutto quella per importazione di droga, se sapessi che le persone che hanno stuprato o molestato i bambini stanno scontando più anni di carcere di me. Il punto è che, invece, la mia pena è due o tre volte superiore rispetto alla loro. E’ un boccone amaro da ingoiare, ma è così. Ho sbagliato e sto pagando per questo”. A parlare è Rune, un detenuto di 39 anni che racconta di essere arrivato a Bastøy dopo 5 anni trascorsi in un carcere di massima sicurezza. Da scontare gliene restano ancora tre. Due, invece, sono le sue condanne: una per rapina in banca e l’altra per importazione di cannabis. Rune divide la casa con altri compagni di detenzione. Continua a leggere il post e guarda il video al link del blog La Straniera