Si è celebrata il santissimo Pontificale presieduto dal Vescovo Michele Pennisi. Ecco le sue parole pronunciate durante l’omelia: Carissimi Confratelli, Illustri autorità civili e militari, confrati della Confraternita del Crocifisso , fratelli e sorelle amati dal Signore, oggi siamo riuniti ancora una volta in questa Chiesa Collegiata per venerare il SS. Crocifisso , venerato da secoli come cimelio prezioso di fede che si collega con “la bella eredità” trasmessa dai vostri padri, che è stata rilanciata dall’arcivescovoGirolamo Venèro nel 1626. Questa mattina mi permetterete di rivolgere a ciascuno di noi una domanda “che cos’è il crocifisso per noi ? ”. La Chiesa già nei primi secoli ha adorato la croce, come adora Dio, come adora l’ Eucaristia ed ha espresso questa adorazione con termini che sono di assoluta chiarezza e commozione. “O Croce unica speranza, sorgente di vita immortale, accresci ai fedeli la grazia, ottieni alle genti la pace”. Il motivo di fondo è che sul patibolo della Croce c'è Gesù Crocifisso, figlio di Dio, risorto da morte. La Croce è mistero di morte e di gloria. Il Crocifisso non è il ricordo di una morte, ma della vittoria di Dio, che nell’umiliazione del suoi Figlio fatto obbediente fino alla morte di Croce(cfr. Fil 2,8-11) ha celebrato in questa morte la sua vittoria. Il crocifisso è il segno della vittoria di Dio in Cristo, è il segno della vittoria di Dio in noi. Ma noi dobbiamo chiederci: per noi la croce è questo? Crediamo nel Signore Gesù crocefisso e risorto e questo crocefisso è per ciascuno di noi, l’unica speranza della nostra vita?. Oppure è un simbolo che sentiamo lontano, circondato magari da una certa devozione, ma che non incide profondamente la nostra vita? Cristo crocifisso e risorto deve ispirare ogni giorno la nostra vita di cristiani che siamo stati coinvolti attraverso il battesimo, nel mistero della morte del Signore e siamo risorti per sempre della sua resurrezione. Noi siamo chiamati a vivere la croce del Signore ogni giorno nel contesto della nostra vita, fatta di sacrifici, fatta di sconfitte, fatta di momenti di scoraggiamento , che dobbiamo vivere con la certezza lieta che, attraverso il sacrificio, matura in noi la resurrezione del Signore. Oggi i confrati della confraternita gridano:” E che bedda sta jurnata, ‘u Signuri è pì la strata, grazia patruzzu amurusu, grazia! Mostrare e portare in processione il Crocifisso esprime una grande volontà di evangelizzazione. L’immagine del crocefisso nelle strade, nelle piazze, negli ambienti pubblici o privati è ha offerto la possibilità di annunziare continuamente il Cristo vittorioso nella forma più semplice e più radicale. Portare il Crocifisso per le strade esprime , un grande sentimento di compassione: verso le persone malate e sole, verso i cristiani perseguitati crocifissi come Gesù, verso le persone che a causa della crisi vivono nella precarietà, nella disoccupazione, nella minaccia di essere licenziati, verso gli immigrati, verso i carcerati, verso coloro che vivono senza fede e senza speranza. Il Crocifisso ha generato un grande movimento di evangelizzazione, un grande movimento di compassione, un grande movimento di umanizzazione della vita della società. Questa festa oltre a ricordarci il mistero della Redenzione e ci dice che Cristo crocifisso esalta la dignità della persona umana perché è un segno dell’amore infinito che in questa Croce si è manifestato per la salvezza di ogni uomo e ogni donna. È per questa fonte inesauribile di annuncio e di compassione che possiamo ben dire, con molta convinzione, che l’influsso del crocifisso va anche al di là dello spazio di coloro che credono, di coloro che professano la fede nel Signore Gesù Cristo, crocefisso, morto e risorto. Nel Crocifisso la Chiesa e ogni cristiano amano gli uomini di questo mondo, e in qualche modo, anche la nostra vita apre le sue braccia agli uomini. Il Crocifisso, nel suo stesso esserci, nel suo apparire, nel suo essere portato in processione di fronte alla società è diventato un fenomeno di cultura e di civiltà. Il crocefisso ha reso la nostra società, più capace di comprensione, più capace di accoglienza, più capace di perdono. La croce ha creato e crea un flusso di civiltà, con il suo stesso esserci, nella misura in cui la comunità la vede, la sente, la vive, l’afferma come il simbolo più chiaro, più concreto e più elementare del cristianesimo . Il Crocifisso non può essere strappato, prima che dalle mura delle nostre scuole o degli edifici pubblici, dal nostro cuore. Il Crocifisso è simbolo del comune destino, della misericordia finale, dell’estrema consolazione, del reciproco perdono, segno di salvezza per tutti. Fissando il Crocifisso e pensando alle nostre croci, ai nostri peccati oggi dobbiamo invocare da Cristo Crocifisso la grazia della conversione, del pentimento dei nostri peccati, del proposito di vivere una vita nuova. La Croce è l'espressione massima dell'amore di Gesù per noi. “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16). Abbandoniamoci all’Amore misericordioso di Gesù Cristo crocifisso con tutta la forza del nostro umile amore. La festa di oggi rappresenta la celebrazione dell’amore totale di Dio per ciascuno di noi. Fare festa intorno al Crocifisso vuol dire “esaltare” e mettere con evidenza al centro lo stile di vita di Cristo, che è stile di vita fatto di amore portato fino in fondo. Essere devoti del Crocifisso è essere devoti dell’amore a tutti i costi , un amore che sorprende per la sua generosa radicalità. Nel volto del Crocifisso risplende la bellezza, il perdono e l'amore coinvolgente di quello che come “Patruzzu amurusu”. Sulla croce Gesù ci dona il suo spirito, e dal suo fianco squarciato, “sgorga un’onda salutare”. Noi siamo invitati oggi come il popolo di Israele nel deserto a guardare a Cristo Crocifisso con uno sguardo di fede per sperimentare il perdono dei nostri peccati e la salvezza. La festa del SS. Crocifisso ci fa conoscere un aspetto del suo cuore che solo Dio stesso poteva rivelarci: la ferita provocata dal peccato e dall’ingratitudine dell’uomo diventa fonte di grazia, feritoia di una sovrabbondanza d’amore. Papa Francesco ha detto domenica scorsa:” Le piaghe di Gesù sono scandalo per la fede, ma sono anche la verifica della fede. Per questo nel corpo di Cristo risorto le piaghe non scompaiono, rimangono, perché quelle piaghe sono il segno permanente dell’amore di Dio per noi, e sono indispensabili per credere in Dio. Non per credere che Dio esiste, ma per credere che Dio è amore, misericordia, fedeltà”. Contemplare le piaghe di Cristo Crocifisso ci deve portare a curare le piaghe del corpo mistico di Cristo facendoci solidali con ogni forma di miseria umana, toccando la carne sofferente degli altri”(cfr.EG 270). La morte, la malattia, le molteplici ferite che l’uomo riceve nella carne e nel cuore, tutto questo diventa, per ciascuno di noi , un’occasione per lasciarsi prendere più intensamente dalla vita stessa di Dio. Guardare a Cristo Crocifisso e lasciarsi guardare da Lui è la chiave di svolta, che da senso a tutta la nostra esistenza e alla storia del mondo. Lasciamoci guardare dal Crocifisso e guardiamo il Crocifisso per far nostra quella sua compassione per noi stessi e per i nostri fratelli. Preghiamo dunque il Signore perché, nel coraggio della nostra testimonianza quotidiana, proclamando il crocifisso con la nostra vita, con la nostra fede, con la nostra speranza, con la nostra carità, con la nostra comunione vissuta, con la nostra vita , cerchiamo di aiutare la nostra società ad uscire da questo degrado terribile di umanità cui sembra condannarsi proprio nella misura in cui rifiuta l’immagine stessa del Salvatore, ritorniamo a Cristo Crocifisso , Pastore e Custode delle nostre anime.