“Tutta Legambiente è accanto alla famiglia Mulone per la sciagura che ha tolto la vita ai piccoli Laura e Carmelo. Il nostro cordoglio è rivolto anche all’Arma dei Carabinieri, colpita dal dramma dell’appuntato Rosario Mulone, e alle comunità di Aragona e Joppolo – dichiara Mimmo Fontana, direttore della Riserva delle Macalube di Aragona -. In queste ore, soprattutto per rispetto a due genitori dilaniati dal dolore, vogliamo mantenere sobrietà e non dare adito in alcun modo all’individuazione di colpe o responsabilità per un evento che, siamo convinti, per le conoscenze di cui il mondo scientifico dispone, non era in alcun modo prevedibile. Per questo ieri, con le ricerche del corpo di Carmelo ancora in corso, abbiamo deciso di non dare seguito alle polemiche che si sono alzate sui media. Purtroppo sono circolate informazioni sbagliate, congetture e accuse, tanto che ci vediamo costretti a fornire alcune importanti precisazioni”. Facendo riferimento a quanto letto sui giornali, ai servizi televisivi e alle dichiarazioni a caldo di alcuni intervistati, Legambiente vuole sottolineare quanto segue. La Riserva Naturale delle Macalube di Aragona è gestita per conto della Regione Siciliana, in convenzione, da Legambiente, che da 18 anni ha l’incarico di occuparsi di: difesa degli habitat naturali, fruizione e valorizzazione, ricerca scientifica. Rispetto ai primi due aspetti, seppur con mezzi insufficienti, la passione e la professionalità di operatori e volontari ha garantito ottimi risultati. Tanto che quest’anno le recensioni e i giudizi degli utenti di Tripadvisor (la Riserva viene visitata da una media di 15.000 persone all’anno provenienti da tutto il mondo) le hanno assegnato il certificato di eccellenza. Per quanto riguarda la ricerca, purtroppo, dopo il primo studio redatto dal INGV, tutti i progetti presentati in questi anni per monitorare il fenomeno e approfondire le conoscenze, non sono stati finanziati per mancanza di risorse. “Se è un posto pericoloso, allora perché non lo chiudete?” È una domanda che ci è stata posta da più parti e che potrebbe essere rivolta a tutti i gestori di aree naturali protette. Questa la risposta: la convenzione con la quale la Regione affida la gestione prevede che Legambiente possa limitare la fruizione per motivazioni di urgenza e necessità. Ciò è sempre avvenuto quando siano stati rilevati i fattori che potevano determinare l’aumento del rischio per la pubblica incolumità. Si conosce l’esistenza delle Macalube, che in arabo significa proprio “ribaltamento”, da almeno duemila anni. Prima dell’istituzione della Riserva, nel 1995, l’area semplicemente non era gestita. Ci lavoravano i contadini, ci pascolavano le greggi, le persone ci passeggiavano senza la presenza di cartelli informativi. È comunque doveroso distinguere tra pericolo e rischio. Il fenomeno è pericoloso, ma i rischi possono essere contenuti, come è avvenuto in questi 18 anni in cui circa 200mila persone hanno visitato i vulcanelli. Lo stesso vale anche per i vulcani come l’Etna o il Vesuvio. La proprietà dei terreni su cui è avvenuto l’incidente, dove si concentra il fenomeno geologico, appartiene al demanio della Regione Siciliana che nel corso degli anni ne ha portato a compimento l’esproprio. A integrazione, Legambiente, grazie ai fondi del progetto LIFE, ha inoltre acquistato il resto dei terreni della zona A per tutelare l’area di maggior pregio naturalistico-vegetazionale dalle aggressioni esterne. Anche tali terreni dal 2008 sono dati in uso alla Regione. Il monitoraggio del rischio Legambiente gestisce per conto della Regione Siciliana la Riserva delle Macalube, nella qualità di delegato di pubbliche funzioni. In questi anni, grazie alla competenza di geologi dipendenti della Legambiente che hanno avviato la sua gestione e sempre seguito la sua conduzione, gli operatori attualmente assegnati alla riserva hanno maturato un’esperienza tale da poter garantire la fruizione in condizioni di sicurezza. Ciò significa che ogni volta che i sopralluoghi hanno rilevato anche il minimo segnale di aumento del grado di pericolo, la Riserva è stata immediatamente chiusa in via preventiva, come nello scorso mese di agosto. È innegabile che l’evento è stato di carattere straordinario, tanto che nel monitoraggio concluso dall’operatore poco prima del ribaltamento non erano stati ravvisati segnali di rischio. Siamo da sempre convinti del fatto che la ricerca scientifica debba essere sostenuta e continueremo a esserlo, che studiare a fondo fenomeni naturali come questo possa essere uno strumento efficace per ridurre i rischi. Ma riteniamo che le anomalie relative al tragico episodio di ieri avrebbero probabilmente reso inefficace anche un controllo strumentale. I fondi messi a disposizione per la gestione della riserva Macalube di Aragona sono stati poco più di 30.000 euro l’anno, destinati alle spese di funzionamento (affitto sede, utenze, carburante) e gestione ordinaria (pulizia e fasce parafuoco), non potevano essere destinati a interventi strutturali e di ricerca scientifica come una rete di monitoraggio fissa. Le operazioni di soccorso Appena saputo dell’incidente, gli operatori della Riserva sono tornati immediatamente sul posto e hanno partecipato in prima persona al tentativo di estrarre le vittime. Lo può testimoniare chiunque fosse sul luogo, lo dimostra il fango di cui erano ricoperti. Legambiente ha anche collaborato alle operazioni dell’elicottero della Guardia di finanza. Dispiace leggere ricostruzioni diverse, che denunciano l’assenza di Legambiente in quelle ore cruciali. “Speriamo di avere contribuito a fare chiarezza su alcune questioni che, inevitabilmente, hanno prodotto equivoci ed errata informazione – conclude Fontana -. C’è un’indagine della magistratura a cui abbiamo già dato la nostra piena disponibilità e collaborazione. Riteniamo che si debba però avere la lucidità di comprendere che il rapporto con la natura ci mette a confronto con pericoli anche di questo tipo”. (Foto Repubblica.it)