La Guardia di Finanza di Palermo, su disposizione del locale Tribunale – Sezione Misure di Prevenzione, sta eseguendo un provvedimento con cui è stata disposta l’amministrazione giudiziaria, con conseguente sospensione temporanea dell’amministrazione, nei confronti della Società italiana per il gas S.p.a. – Italgas S.p.a., con sede legale in Torino, azienda operante nel settore della gestione e dei servizi connessi alla distribuzione del gas metano sul territorio nazionale. Il decreto si collega all’esecuzione di analoghi provvedimenti, emanati nello scorso mese di maggio dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo su richiesta della locale Procura della Repubblica, Dda, con cui è stata disposta la sospensione dell’amministrazione di tre importanti realtà imprenditoriali, ossia della Gas Natural Distribuzione Italia S.p.a. con sede ad Acquaviva delle Fonti (BA), della Gas Natural Vendita Italia S.p.a. e della Gas Natural Italia S.p.a., entrambe con sede a San Donato Milanese (MI), operanti nel settore della vendita e distribuzione del gas metano sul territorio nazionale, nonché della C.R.M. di Curatola Alfredo S.n.c., società di manutenzione con sede in Crotone. Nel medesimo contesto investigativo, la Guardia di Finanza di Palermo, sotto il coordinamento della locale Direzione Distrettuale Antimafia, aveva eseguito – circa un anno fa – il sequestro di un patrimonio del valore complessivo di oltre 50 milioni di euro, nei confronti del gruppo imprenditoriale di Palermo, che ha curato, fra gli anni ’80 e ’90, la metanizzazione di diverse aree del territorio siciliano. Le indagini si erano concentrate, in primo luogo, sulla genesi del succitato gruppo, costituito negli anni ‘80 da Ezio Ruggero Maria Brancato, ex dipendente della Regione Sicilia, successivamente divenuto “imprenditore”, grazie all’investimento di ingenti risorse finanziarie di dubbia provenienza che si è presto sviluppato con la protezione di “Cosa Nostra” e di appoggi politici – in particolare dell’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino – arrivando ad ottenere ben 72 concessioni per la metanizzazione della Sicilia e dell’Abruzzo. Gli approfondimenti investigativi avevano, in particolare, fatto emergere come i lavori di realizzazione della rete del gas siano stati, in più occasioni, affidati in sub-appalto ad imprese riconducibili a soggetti con precedenti specifici per mafia e ad altre ritenute “vicine” alla criminalità organizzata, in una logica di costante e reciproco vantaggio fra il gruppo e l’organizzazione criminale. Sulla base dei riscontri effettuati, nel dicembre 2013, il Tribunale di Palermo aveva disposto un ulteriore sequestro, per un valore di circa 7,6 milioni di euro, di quattro società nei confronti della famiglia di imprenditori Cavallotti di Belmonte Mezzagno (PA), operanti da diversi anni nel settore edilizio e della manutenzione delle reti di gas metano. Secondo le risultanze indiziarie, sviluppatasi in diversi filoni d’indagine, i citati imprenditori avrebbero coinvolto familiari e collaboratori, alcuni dei quali privi di condizioni reddituali compatibili con l'entità degli investimenti necessari per l'avvio delle attività imprenditoriali, nell’intestazione di aziende operanti nel medesimo settore, per continuare a gestire i contratti acquisiti e le attività nel settore del gas metano, nonostante i precedenti provvedimenti cautelari a carico delle altre società a questi direttamente o indirettamente riconducibili. Dallo sviluppo di tali filoni investigativi, è emerso che l’impresa oggetto della odierna misura avrebbe agevolato imprenditori già sottoposti ad indagini di polizia giudiziaria e misure di prevenzione ai sensi della normativa antimafia, in alcuni casi, consentendo agli stessi di neutralizzare i provvedimenti cautelari inflitti e di continuare a consolidare la propria espansione, in alcune regioni della penisola, nel settore del gas metano. Per tali motivi, al fine di inibire la strumentalizzazione, ad opera della criminalità organizzata, delle attività economiche lecite, con l’emissione del Decreto che impone l’amministrazione giudiziaria o “sospensione temporanea dell’amministrazione”, il Tribunale di Palermo ha, di fatto, sollevato dalla gestione i rappresentanti della citata società per un periodo di sei mesi. In pratica, l’azienda dovrà temporaneamente cedere la gestione agli amministratori giudiziari, ponendosi sotto “tutela” dell’Autorità Giudiziaria, la quale, al termine del periodo, valuterà la sussistenza dei presupposti per restituire o meno la gestione “bonificata” dalle presunte criticità riscontrate, ovvero procedere a conseguente sequestro ai fini della confisca. Si tratta, in definitiva, di una misura preventiva antimafia che colpisce le aziende che pur non potendosi considerare “mafiose” risultano aver subito un’influenza da parte di soggetti contigui a Cosa Nostra, che è valsa a rafforzarne la presenza economica sul territorio. La sospensione temporanea dell’amministrazione mira, in quest’ottica, a verificare l’idoneità del “sistema immunitario” dell’azienda interessata dall’applicazione del provvedimento a respingere i tentativi di influenza operati dai sodalizi mafiosi, fortificandolo – se possibile – al fine di salvaguardare l’attività imprenditoriale nel suo complesso, i livelli occupazionali, nonché l’indotto economico riferibile ai rapporti con clienti e fornitori. Tuttavia, se nel periodo di amministrazione giudiziaria fosse accertato che l’attività economica non fosse stata semplicemente influenzata da interessi mafiosi ma che i rapporti con i soggetti collusi con Cosa Nostra fossero il frutto di una scelta consapevole di politica imprenditoriale, la Procura potrebbe ritenere di azionare una misura di prevenzione patrimoniale chiedendo al Tribunale il sequestro ai fini della confisca dell’azienda.