Di certo al momento, nello strano caso del presunto omicidio del vigile palermitano Mirko Vicari, c’è solo l’arma del delitto: una calibro 9 dalla quale è partito un solo proiettile che ha colpito mortalmente il 38enne vigile palermitano. L’autopsia ha quindi confermato l’unico elemento apparso chiaro fin dal primo momento, mentre su chi e perché ha impugnato l’arma s’infittisce il mistero. C’è la telefonata nella quale Vicari, parlando con la compagna, sembra cogliere in flagrante i ladri in casa e subito dopo quella frase “mi hanno colpito!”. Una circostanze che dovrebbe mettere gli inquirenti saldamente sulla pista dell’omicidio, ma gli interrogativi rimangono. Mirko Vicari non era ricco, non lo era per nulla, ed in casa, una piccola e modesta casa nel quartiere Altarello, non teneva nulla di prezioso, nulla per cui valesse la pene di tentare una rapina. Per questo si fanno strada altre due ipotesi: una, a dire il vero ancora poco battuta, è quella di un “regolamento di conti”. Vicari nella sua attività lavorativa potrebbe essere incappato dinanzi alla “persona sbagliata”, il vigile si occupava della sorveglianza nei mercati rionali, ed ultimamente la lotta contro gli abusivi a Palermo si è fatto più dura. Ma al momento l’ipotesi che sembra più accreditata è quella del suicidio. Una circostanza la avvalora, la testimonianza di due colleghe di lavoro alle quali il vigile avrebbe confidato di volersi togliere la vita, proprio inscenando un omicidio, chissà forse per alleviare anche solo un po’ il dolore dei suoi cari. Se così fosse Mirko Vicari sarebbe l’ennesima vittima di una crisi economica assassina che fra un’elezione ed un’altra, nell’alternanza dei governi, nei tempi morti della politica, s’insinua come acqua fra i gangli arrugginiti delle manovre finanziarie, lasciando dietro di se una scia di sangue troppo lunga per non notarla
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